Parigi, 14 novembre 2024 – Stasera si giocherà la partita Francia-Israele allo Stade de France. È stato giusto non rinviarla dopo i fatti di Amsterdam?
"Si, non bisogna cedere alle pressioni – risponde la rabbina Pauline Bebe della Communauté Juive Libérale, una congregazione ebraica progressista di Parigi –. Le autorità francesi dicono che stanno facendo tutto il necessario per garantire la sicurezza dei giocatori e dei tifosi. Spero sia così".
Che cosa le suscitano le immagini di Amsterdam?
"Quegli scatti sono terribili, anche perché eravamo vicini all’anniversario della Notte dei Cristalli. È spaventoso. Alcuni hanno definito questi atti pogrom, anche se fortunatamente non ci sono stati morti. Penso si stia soffiando sul fuoco da troppo tempo, abbiamo lasciato che si diffondessero discorsi di odio, che poi provocano questi accadimenti".
Qual è il vostro sentimento riguardo alla crescita di episodi antisemiti in Francia?
"Questi atti sono solo la punta dell’iceberg. Come rabbina, sono a conoscenza di fatti non registrati dalle statistiche. Un giorno, tornando dalla sinagoga, ho incontrato una ragazza della nostra comunità che usciva dal liceo in lacrime. C’era stata una manifestazione e lei era stata insultata. Non ha sporto denuncia. Ci sono giovani che frequentano istituzioni scolastiche laiche e che sono stati oggetto di insulti, a volte di violenze fisiche. Allo stesso tempo, ci sono state molte manifestazioni di solidarietà verso la comunità ebraica successivamente al 7 ottobre 2023. Le comunità ebraiche e musulmane francesi, ad esempio, continuano a dialogare e lavorare insieme per isolare gli estremismi ed evitare caricature".
Quali sono i sentimenti espressi dai membri della vostra comunità?
"Le persone hanno bisogno di ritrovarsi perché sembra che il mondo esterno sia diventato ostile: non è facile essere ebrei oggi, né sostenere l’esistenza dello Stato di Israele".
Ha paura come rabbina?
"Personalmente non ho paura, ma sento di dover rassicurare i membri della mia comunità. Dal 7 ottobre, il ruolo del rabbino è un po’ cambiato, come quello dei cappellani in tempo di guerra, anche se non siamo direttamente al fronte".
Questi discorsi di odio non sono diretti verso lo Stato di Israele piuttosto che verso la comunità ebraica?
"Penso che sia impossibile separare le due cose. Perché nei discorsi di odio che sentiamo, le parole che vengono usate sono ’entità sionista’, ’gli ebrei’. È tutto il popolo ebraico ad essere designato come colpevole. E d’altra parte, nell’ebraismo, l’amore per il legame con la terra di Israele è fondamentale. Il popolo ebraico è un popolo, non è solo una religione".
C’è spazio per le critiche a Israele, per ciò che sta accadendo a Gaza attualmente?
"Tra gli ebrei, come tra gli israeliani, le persone hanno opinioni molto diverse. E per fortuna, perché viviamo in una democrazia. Un discorso sfumato, tipo ’attenzione, forse non sono d’accordo con la politica attuata oggi dal governo’, è assolutamente possibile, ma poco udibile. Ci sono estremisti da entrambe le parti. È certo che il popolo israeliano e il popolo palestinese hanno diritto alla pace. Molte cose sono fatte insieme e continuano a esserlo. Ci sono palestinesi che studiano nelle università israeliane, ci sono ancora palestinesi che vengono a lavorare in Israele. Ogni morte che non sia quella di un terrorista, è da deplorare".