Lunedì 25 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

La Nobel russa Sherbakova: “Pace in Ucraina solo con le armi”

“Negoziati con Putin? Tratterebbe solo per avere una resa di Kiev”. Sull’opposizione in Russia: “Il dissenso è tornato sotterraneo”

La premio Nobel per la pace Irina Scherbakova

La premio Nobel per la pace Irina Scherbakova

“La pace in Ucraina, una pace giusta, si potrà costruire solo con le armi”. Usa parole molto nette Irina Scherbakova, 74 anni, storica russa, co-fondatrice nel 1998 di “Memorial”, la prima organizzazione non governativa dell’era sovietica, e poi premio Nobel per la pace 2022, che oggi sarà protagonista a “Pordenone legge“ di un incontro sul tema “la Russia che resiste“ promosso da Friuli Storia, che l’ha invitata in Italia.

Professoressa Scherbakova, non è un paradosso una pace costruita con le armi?

“Sembra un paradosso ma, lo dico con rammarico, è oggi l’unica strada. Ci troviamo di fronte ad un regime che rifiuta completamente tutti i diritti umani, che è costruito sulla menzogna e sulla violenza e io in questo momento non vedo nessun altro modo di far finire la guerra in Ucraina se non sconfiggendo questo regime con la forza. Per una persona della mia generazione si tratta di una conclusione difficile da accettare, sono stata pacifista per decenni. So bene che la guerra è la cosa peggiore per un popolo, è un disastro, però oggi sono assolutamente convinta che per sconfiggere Putin servano i mezzi militari. Per creare una pace giusta bisogna difendere la pace con le armi. Ce l’ha insegnato la seconda guerra mondiale: per vincere il nazismo si è dovuto combatterlo con le armi”.

Non c’è spazio per trattative?

“Non arriveremo alla pace attraverso dei negoziati con Putin, che tratterebbe solo per avere una resa di Kiev. Questa guerra deve essere fermata con le armi e i responsabili dei crimini contro l’umanità che sono stati commessi devono essere portati davanti alla giustizia penale internazionale. Per questo ritengo che quelli che fanno appelli per una “pace purchessia“ in realtà, per quanto sia terribile dirlo, di fatto sostengono la guerra di Putin. Fanno un favore a Putin, che li usa”.

Supponiamo che Putin perda, la guerra e il potere. Cosa accaderebbe a quel punto in Russia?

“La realtà è che non lo sappiamo. E’ una domanda aperta. Io spero moltissimo che la sconfitta in questa guerra finalmente spingerà i russi a riflettere sulle colpe e sulle responsabilità del disastro. Questo potrebbe aprire una stagione di democrazia, darebbe una chance alla Russia. Senza la sconfitta di Putin nella guerra di aggressione a Kiev, non vedo invece nessun futuro per la Russia, solo regime e declino e altre mire espansionistiche”.

Lei dice che potrebbe aprirsi una opportunità. Ma c’è una Russia che resiste al regime, c’è una opposizione degna di nota o in realtà il popolo lo sostiene o almeno la sopporta?

“Parlare di una vera e propria opposizione non è pienamente corretto perché se vediamo ogni giorno che ci sono manifestazioni di resistenza al regime e sappiamo quante persone sono state arrestate, multate o subito persecuzioni dall’inizio della guerra, non possiamo dire che sia un movimento di massa. Le grandi manifestazioni ci sono state solo all’inizio della guerra, e anche di più me ne aspettavo, ma poi non è stato più così. il dissenso è tornato sotterraneo”.

Come mai?

“Questo è dovuto a diversi fattori. Il più importante è che in Russia molta gente, diciamo la maggioranza della popolazione, vorrebbe che la guerra finisse ma è abituata a sottomettersi al potere, allo stato e pensa che lo stato abbia una visione migliore delle cose e che Putin capisca meglio cosa è giusto per il popolo russo. E quindi sopporta e tace. C’è poi va detti anche un parte della popolazione che supporta pienamente Putin e crede che la guerra vada semmai rafforzata. La parte della popolazione convintamente contraria alla guerra può essere stimata in un 15-20%, non oltre. Contro di loro è stata messa in atto una repressione molto dura, con metodi assolutamente incostituzionali, compreso l’uso della tortura. Anche per questo una parte di loro, vista l’assenza di prospettive, se ne è andata dalla Russia”.

Quanto è pesante oggi la repressione, rispetto a quella nell’Urss?

“Io sono una storica. Quello che vediamo non è ovviamente paragonabile alla feroce repressione  staliniana, ma direi che è la peggiore vista in Unione Sovietica e poi in Russia dalla morte di Stalin in poi. La violazione più grave di tutte è la guerra criminale che è stata iniziata contro il nostro vicino indipendente, l’ucraina. Certo ci sono state la guerra in Afghanistan e poi quelle in Cecenia, ma la guerra in Ucraina, per la sua crudeltà, e per il numero di vittime le supera di molto. Putin ci ha investito tutto, sa bene che se perde, perderà tutto. Speriamo, per il bene della Russia oltre che dell’Ucraina e dell’Europa, che sia così”.