Di sicuro – parafrasando il celeberrimo incipit dell’articolo di Tommaso Besozzi sull’uccisione di Salvatore Giuliano – c’è solo che Ebrahim Raisi è morto. Il presidente iraniano è deceduto assieme al ministro degli esteri Hossein Amir Abdollahian e ad altre sei persone – un ayatollah, il governatore della provincia dell’Azerbaigian orientale, il capo della sicurezza, due piloti e un tecnico di volo – a bordo del suo vecchio elicottero Bell 212s che lo stava riportando a casa dopo un incontro il presidente dell’Azerbaigian.
Scomparso domenica attorno alle 15, l’elicottero presidenziale è stato trovato alle 3 di notte da un drone turco sui fianchi di una montagna non lontano dalla miniera di rame di Sungun, quasi completamente distrutto e bruciato dopo l’impatto con il costone. Alle 4.30 la squadra di soccorso della Mezzaluna Rossa giunta sul punto dell’impatto e ha comunicato che gli occupanti erano tutti morti. Le preghiere non erano servite.
La Guida Suprema Ali Khamenei ha accolto "con profondo dolore e rammarico" la notizia della morte del presidente Ebrahim Raisi e ha indetto cinque giorni di lutto nazionale e ha dichiarato ufficialmente il primo vicepresidente Mohammad Mokhber nuovo presidente ad interim della Repubblica islamica, come prevede la Costituzione del Paese in caso di decesso del presidente. Dopo la cerimonia funebre in programma oggi a Tabriz, nel nord-ovest dell’Iran, il corpo del presidente iraniano Ebrahim Raisi sarà trasferito a Teheran, dove mercoledì è prevista una preghiera dell’ayatollah Ali Khamenei, prima di essere sepolto giovedì nella sua città natale, Mashhad, nel nord-est del Paese. Il governo ha già annunciato elezioni entro i 50 giorni previsti dalla Costituzione, 28 giugno la data più probabile.
Ma la domanda è: perché è morto Raisi? Per il malfunzionamento di un elicottero che aveva quasi 50 anni, magari in concausa con del maltempo che imperversava su quelle montagne e che avrebbe indotto in errore i piloti, o c’è di più? Il Capo di stato maggiore delle forze armate iraniane, Mohammad Bagheri, ha ordinato una indagine nominando "una commissione di alto rango". Molti paesi, Russia in primis, hanno offerto assistenza per indagare sulle cause dell’incidente ma per ora pare che Teheran si sia rivolta oltreoceano, dato che il Dipartimento di Stato americano ha annunciato che "il governo iraniano ci ha chiesto assistenza". E fin qui, dato che l’elicottero era idi fabbricazione americana, ci sta.
Secondo fonti qualificare l’ipotesi dell’incidente causato dal combinato disposto maltempo/vecchio elicottero è a oggi la ipotesi più probabile. Ma non può essere scartata la pista del sabotaggio, sia da parte di una fonte interna che da parte dei servizi israeliani, che di azioni coperte sono maestri e che potrebbero essersi attivati per punire Teheran dell’attacco missilistico del 13/14 aprile. A sostegno di questa ipotesi il fatto che i rapporti di amicizia tra Israele ed Azerbaigian, che si sono sostanziatati in collaborazione anche anche militare e di intelligence, sono solidi. Una cosa è possibile scartarla sin da ora, che l’elicottero sia esploso in volo colpito da un missile: a dirlo è il video che lo mostra quasi integralmente bruciato, ma non a pezzi. E allora? Potrebbe essere stata una piccola bomba piazzata in una parte critica sul mezzo, magari durante la sosta in Azerbaigian. Ma la vigilanza alla quale era sottoposto il mezzo lo rende difficile.
Una ipotesi che circolava ieri tra gli addetti ai lavori è una interferenza al gps dell’elicottero – il cosiddetto “spoofing“, che inganna il sistema di navigazione – che avrebbe indotto il pilota a credere di assere più lontano dalle montagne di quanto non fosse. Lo “spoofing“ è largamente usato sia dai russi che dagli israeliani e dagli stessi pasdaran iraniani (come dimostra lo “spoofing“ denunciato lo scorso settembre lungo l’aerovia UM688, tra Iran e Iraq dall’Ops group, una associazione di piloti e tenici del settore della navigazione aerea). Se è stato “spoofing“ del gps, la mano potrebbe quindi essere israeliana o dei pasdaran iraniani. Ma in entrambi i casi l’Iran non ha interesse a rivelarlo. E quindi il mistero avvolgerà per sempre la tragica fine dell’ayatollah Raisi.