Giovedì 26 Settembre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

La guerra in Libano. Israele attacca dal cielo. Quasi cinquecento morti, fuga disperata dei civili

Netanyahu agli abitanti del Sud del Paese: "Il nostro nemico è Hezbollah". L’esercito di Tel Aviv non esclude l’operazione di terra. Ira di Teheran.

La guerra in Libano. Israele attacca dal cielo. Quasi cinquecento morti, fuga disperata dei civili

Netanyahu agli abitanti del Sud del Paese: "Il nostro nemico è Hezbollah". L’esercito di Tel Aviv non esclude l’operazione di terra. Ira di Teheran.

Israele e Hezbollah sono giunti alla resa dei conti. Nella giornata più drammatica negli ultimi 20 anni, l’aviazione israeliana ha colpito mille obiettivi della guerriglia sciita in tutto il Libano, distruggendo in poche ore quasi metà del suo potenziale offensivo: "Decine di migliaia di missili e di razzi", secondo le prime stime di una fonte militare israeliana. Il bilancio di sangue in Libano ricorda quello degli anni traumatici della guerra civile: 492 morti tra cui 35 bambini e molti miliziani, e oltre mille feriti. In serata Israele ha attentato inoltre alla vita di Ali Karaki, comandante delle forze Hezbollah nel Libano sud, mentre si trovava nel rione Dahya, la roccaforte di Hezbollah, ma la sua sorte è ancora un mistero. Ora l’esercito di Tel Aviv non esclude l’operazione di terra.

"Ho un messaggio per il popolo del Libano" ha detto alla televisione, in inglese, il premier Benjamin Netanyahu. "Israele non è in guerra contro di voi, ma con Hezbollah, che troppo a lungo vi ha utilizzato quali scudi umani". Netanyahu ha dunque sollecitato i libanesi a tenersi a distanza di sicurezza dalle postazioni dei miliziani. Secondo il portavoce militare, hanno sistematicamente nascosto in abitazioni civili, nel Libano meridionale e altrove, "missili da crociera, razzi con testate fino a 1.000 chili, razzi con gittate da 200 chilometri e droni, tutti pronti per l’uso". "Quando avremo finito queste operazioni – ha assicurato Netanyahu ai civili libanesi – potrete tornare in piena sicurezza alle vostre case". Per tutta la giornata dal Libano sud sono giunte immagini di una fuga disperata della popolazione verso Beirut. La cittadina di Nabatye si è subito svuotata dopo il lancio di volantini di avvertimento dell’esercito israeliano, e le strada costiera di Tiro e Sidone si è intasata di automobili che tentavano di spostarsi a nord.

Anche a poche decine di chilometri di distanza, a sud del confine fra Libano ed Israele, la situazione era drammatica. Malgrado le perdite patite nell’ultima settimana, gli Hezbollah hanno lanciato oltre 200 razzi e missili verso ia Galilea. Fra gli obiettivi scelti anche la città di Haifa dove le sirene sono risuonate a ripetizione e dove gli abitanti hanno visto ad occhio nudo le batterie di difesa Iron Dome impegnate a respingere l’attacco. Altri missili, sparati dal Libano, sono piovuti in Cisgiordania, in prossimità di colonie ebraiche e di villaggi palestinesi. La guerra ormai non conosce confini. In serata il ministro della difesa Yoav Gallant ha proclamato lo ‘stato speciale’ in tutto il territorio nazionale: in pratica un appello alla popolazione a restare in allerta. Il governo ha tenuto una seduta di emergenza in un bunker sotto al Ministero della Difesa. Fra gli scenari presi in considerazione la possibilità che Nasrallah decida di attaccare anche Tel Aviv o che tenti una incursione di forze di terra nel nord di Israele.

Di fronte alla repentina degenerazione della situazione, molti guardano adesso all’Iran per comprendere se si appresti a venire in soccorso delle forze degli Hezbollah che per decenni ha finanziato, addestrato e potenziato nell’intento di utilizzarle un giorno come una carta da giocare in extremis se Israele attaccasse i suoi impianti nucleari. Dal Palazzo di Vetro, dove si trova per l’Assemblea generale dell’Onu, il presidente Masoud Pezeshkian ha negato che Teheran voglia destabilizzare la regione e ha puntato il dito contro Israele che, al contrario, "vuole allargare il conflitto". L’Iraq ha chiesto una riunione urgente dei Paesi arabi a margine dell’Assemblea per "fermare" lo Stato ebraico, mentre l’Egitto ha sollecitato un intervento del Consiglio di Sicurezza.