Martedì 16 Luglio 2024
VIVIANA PONCHIA
Esteri

La degenerazione della forza. Negli Usa in un’ora ci si può armare: "La violenza è parte della cultura"

Il grilletto sinonimo di sicurezza e libertà, negli States è un diritto sancito dalla Costituzione. Già negli anni ’60 l’attivista Rap Brown sosteneva: "Farsi male è tipico per noi come la torta di ciliegie".

Roma, 15 luglio 2024 – L’attivista di Black Power H. Rap Brown sosteneva negli anni Sessanta che "la violenza è parte della cultura americana, è americana tanto quanto la torta di ciliegie". Paladini della democrazia, vittime di una catastrofe anche simbolica come il crollo delle Torri Gemelle, gli Stati uniti hanno sempre attraversato la storia proclamando che l’alba è vicina, ma in bilico sulle tenebre. L’America è iperbolica dalla geografia in giù, dal rapporto brutale con i nativi a quello disinvolto con le armi, dal razzismo alle stragi nelle scuole. Ha il cuore tenero di Frank Capra, nel suo stemma l’aquila gira la testa verso il ramo di ulivo. Però le notizie sui quotidiani sono bollettini di guerra.

Un momento del massacro alla Columbine High School nel 1999
Un momento del massacro alla Columbine High School nel 1999

Capita che a Kansas City un sedicenne vada a prendere i fratellini a casa di amici, suoni il campanello sbagliato e venga freddato da un ultraottantenne perché nero. Capita di essere colpiti da un proiettile davanti al supermercato, di essere centrati da un colpo sul vialetto di casa. La cultura della polvere da sparo è un enigma incomprensibile visto da lontano. Una faccenda tutta loro che fa svettare gli Stati Uniti al primo posto al mondo per il possesso di fucili e pistole. Utilizzati all’inizio di questa loro storia così giovane e avventurosa per andare a caccia e a pesca, con la fine della Guerra d’Indipendenza gli aggeggi dotati di grilletto sono diventati sinonimo di sicurezza e democrazia. Lo conferma anche il secondo emendamento della Costituzione: il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non può essere violato. E soprattutto non può essere negato a nessuno, neppure a persone considerate pericolose o a chi soffre di disturbi mentali: di qui crimini violenti e omicidi, ma anche suicidi e morti involontarie.

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Nella terra della libertà basta un’ora per comprare un fucile: lo vendono da Walmart come pure le popolarissime semiautomatiche, facili da usare anche per un bambino. Gli Stati Uniti sono l’unica nazione sviluppata in cui le sparatorie nelle scuole si ripetono con frequenza impressionante. "Tell me why I don’t like Mondays": Bob Geldof disse di avere scritto la sua canzone dopo la strage compiuta dalla sedicenne Brenda Ann Spencer alla Grover Cleveland Elementary School di San Diego: lunedì 29 gennaio 1979 la ragazza si era messa a sparare dalla finestra della sua camera prendendo di mira i bambini. Perché, spiegò, non le piacevano i Lunedì.

L’elenco dei massacri a scuola è sterminato e raccapricciante, basti ricordare quello del 14 dicembre 2012 alla Sandy Hook Elementary School di Newton, in Connecticut: Adam Lanza, 20 anni, apre il fuoco e ammazza 27 persone, 20 delle quali bambini fra i 6 e i 7 anni. C’è chi sostiene che certi amori malati siano attaccati al Dna di un popolo. Lo studioso John Toland è convinto per esempio che i metodi di sterminio attuati dai colonizzatori contro i nativi nordamericani vennero presi come spunto per l’Olocausto da Hitler.

Percosse e pratiche ai limiti della tortura attraversano i secoli e coinvolgono chi con le pistole ci lavora, l’eccesso di violenza della polizia statunitense entra in statistiche agghiaccianti: secondo il gruppo Mapping Police negli ultimi 9 anni agenti in divisa hanno ucciso oltre 9mila persone, con una media di tre al giorno. Nove su dieci sono morte a causa di colpi di armi da fuoco, ma tra le cause più comuni ci sono anche il taser, l’incaprettamento che per fortuna non ha ammazzato lo studente italiano Matteo Falcinelli a Miami e quella che in gergo tecnico si chiama "contenzione fisica", il soffocamento di George Floyd il 25 maggio del 2020 a Minneapolis.