Roma, 5 settembre 2024 – "Non crediate che milioni di tedeschi siano diventati neonazisti e xenofobi o populisti amici di Putin. Il 60% di quelli hanno votato per la destra estrema di Afd o per i populisti di sinistra Bsw ha poi detto, nei sondaggi e le interviste dopo le elezioni in Turingia e Sassonia, di aver voluto mandare un segnale al governo. La crisi economica morde. E, specie nell’ex Germania orientale, vuole risposte semplici a problemi complessi. Ultradestra e populisti gliele danno, illudendoli. Il risultato è che, senza troppe adesioni ideologiche, vengono votati". Così la professoressa Helene Harth (foto), fondatrice dell’istituto di romanistica dell’Università di Potsdam, 20 chilometri a sud ovest di Berlino, centro maggiore del land orientale del Brandeburgo.
Professoressa, dove nasce il malessere dei land orientali della Germania?
"Nell’est della Germania c’è una profonda insoddisfazione. Con la riunificazione c’erano aspettative eccessive, che non sono state raggiunte. Certo, la gente sta meglio che ai tempi della Ddr, ma non bene come a Monaco di Baviera o in Renania. La crisi post Covid e l’aumento dei prezzi dell’energia dopo l’invasione russa dell’Ucraina hanno aggravato la situazione portando a una recessione che sta mettendo in dubbio il modello economico e sociale tedesco".
Un mix di risentimenti vecchi e nuovi?
"Esatto, e in molti cercano scorciatoie. Dal partito di sinistra, la Linke, è uscita una dei suoi dirigenti che ha fondato un partito personalistico, l’“Alleanza Sahra Wagenknecht“ che ha posizioni filorusse e populiste di sinistra e ha portato via molti voti alla sinistra classica. A destra poi è ulteriormente cresciuto il consenso dell’ultradestra xenofoba di Afd. Sono partiti antisistema che non hanno ricette da proporre, se non assurde come cacciare due milioni di migranti o fare accordi di pace con Putin alle spese dell’Ucraina. Ma sono ferocemente critici al governo centrale. E tanto basta, a molti".
Rischiano di sfondare anche nel resto della Germania?
"Non credo proprio. Anche a Berlino, sono marginali. È come se ci fossero due Germanie, che non si capiscono. Tenga presente che le chiese in questi giorni sono sono mobilitate, ad esempio dicendo che è essere cristiano è incompatibile con essere membri o anche votare per l’Afd. Allo stesso modo, si sono mobilitati anche gli industriali, che temono un partito che vorrebbe cacciare la forza lavoro di cui abbiamo bisogno. Si stanno alzando molte dighe".
Quanto conta la scarsa tradizione democratica della ex Ddr?
"Conta. Sono passati direttamente dal nazismo al comunismo: dal gennaio 1933 a fine 1989 non hanno conosciuto la democrazia. C’è desuetudine al gioco democratico. In molti ancora scatta il solito riflesso: tocca allo Stato, uno Stato che si vuole forte, monolitico, autoreferenziale, dare tutto al cittadino, che tace e lo segue. Ma se lo Stato non dà quanto promesso, allora si cerca un nuovo leader forte. Non a caso, piace Putin".
Come spiega il consenso dei giovani per Afd?
"I giovani si informano sui social, non fanno fact checking. E sui social Afd è abilissima. Credono alle favole, favole pericolose".
Quanto pesa l’inefficacia del cancelliere Spd, Olaf Scholz?
"Molto. È indeciso, incapace di fare politiche nette e di comunicarle bene. Credo che dopo le elezioni nel Brandeburgo del 22 di settembre, che fatalmente andranno male per il governo, qualcosa potrebbe succedere nell’Spd: vedo bene il ministro della Difesa Boris Pistorius. E comunque, alle elezioni del prossimo anno c’è una sola soluzione per fermare l’onda nera e i conservatori di sinistra: tornare alla “Grosse Koalition“ Cdu-Spd".