Roma, 25 novembre 2024 – È Italia anche questa, purtroppo. Quella di Giulia Cecchettin, assassinata un anno fa con 75 coltellate dall’ex fidanzato Filippo Turetta, il reo confesso che oggi e domani va a dibattimento a Venezia. O quella di Giulia Tramontano, avvelenata e poi uccisa (col bimbo che aveva in grembo) dal fidanzato Alessandro Impagnatiello che a Milano attende oggi il probabile ergastolo. Giulia&Giulia. E una striscia di quasi altre cento vittime: 99 da Capodanno al 18 novembre secondo il conteggio di Eures. Per non finire ammazzate, 180 donne al giorno digitano il numero telefonico 1522. È questa la cifra media stimata in caso di proseguimento del trend di crescita 2024 pari a +57% sui primi nove mesi 2023: 48mila chiamate contro 30.581, con picchi da 800 telefonate giornaliere dopo il caso Cecchettin.
Aggredite dalla violenza dei partner o degli ex, le donne trovano la forza di reagire e chiedono aiuto allo Stato reclamando tutela contro uomini che non accettano la fine della relazione e seminano il terrore tra le mura di casa, spesso con lo strazio di violenze verbali e fisiche davanti ai figli. La prima impennata dei contatti con il 1522 coincide con l’approvazione del Codice rosso rafforzato. Il maggior numero di richieste arriva dalla fascia d’età tra 35 e 50 anni, ma ultimamente sono in crescita segnalazioni da studentesse e giovanissime. Spesso telefonano italiane, donne dell’Est Europa e del Sud America. Da sole, con coraggio. Mentre indiane, pakistane, bengalesi, cingalesi – meno integrate nel contesto sociale – spesso compongono il numero soltanto al momento dell’emergenza o su segnalazione di ospedali, insegnanti o servizi sociali. Sempre più spesso a telefonare sono anche amici e parenti della vittima alla quale vogliono dare una mano. Lo Stato prova a fare la sua parte anche nella vita quotidiana: 1.640 vittime di violenza risultano sostenute dall’assegno di inclusione. Sono poi in aumento sia le richieste di aiuto per violenza economica – soprattutto contro 50enni espulse dal mercato del lavoro – sia le telefonate, per orientarsi, di genitori allarmati per le violenze subite dalle figlie minorenni in contesti giovanili.
"Il 12% in meno di donne uccise dal partner o dall’ex partner, rispetto allo scorso anno, può considerarsi anche un effetto delle nuove norme che hanno avuto vasta applicazione sul territorio – ipotizza la ministra della Famiglia, Eugenia Roccella –. Abbiamo quasi raddoppiato i fondi per i centri anti violenza e le case rifugio. Anche il ricorso al 1522 significa che questo strumento è sempre più conosciuto e che le campagne di diffusione hanno avuto impatto". Ma i femminicidi restano una piaga. Dopo la straordinaria mobilitazione di sabato a Roma, organizzata dal movimento transfemminista ‘Non una di meno’, al grido di ‘Disarmiamo il patriarcato – Per fermare la guerra, nelle case, sui corpi, sui territori e sulle nostre vite’, oggi è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Il momento istituzionale in cui le buone intenzioni devono tradursi in proposta. In obiettivi. E senza scivoloni, perché anche le parole contano.
"Non sono gli immigrati che creano il problema della violenza sulle donne, il problema della violenza di genere è storico, strutturale e sociale", giudica, dal suo osservatorio in prima fila, il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia. Ammonisce: "Deve cambiare il linguaggio, a maggior ragione quello degli atti giudiziari". Un’evoluzione necessaria, per non incorrere in "cattiva informazione e vittimizzazione secondaria". Fa un esempio che vale per cento: "Abbiamo ancora una categoria giuridica, che applichiamo dal diritto romano, che è la ‘diligenza del buon padre di famiglia’: espressione di un linguaggio antico che necessiterebbe di un cambiamento". E mentre la facciata di Palazzo Chigi si illumina di arancione per la campagna Orange the World, la ministra del Lavoro Elvira Calderone preme per "un cambio di paradigma": occorre "mettere da parte gli stereotipi che confinano le donne in ruoli precostituiti", perché questa è l’ora di "una rivoluzione culturale" che riguarda "ciascuno di noi".