Domenica 21 Luglio 2024
GIAMPAOLO PIOLI
Esteri

Elezioni Usa, Kamala Harris aspetta. La vicepresidente di Biden dall’ombra alla ribalta

Storica la sua nomina nel 2020, ma poi ha inciso poco. Ecco chi è la ‘running mate’ che potrebbe diventare la candidata democratica nel caso in cui Biden si ritirasse

New York, 21 luglio 2024 – Quando tre anni e mezzo fa Joe Biden annunciò la sua ‘running mate’, ossia la compagna di corsa, la scelta ricaduta sulla senatrice Kamala Harris fu ritenuta storica. L’allora senatrice, oggi 59 enne, figlia di padre giamaicano e madre indiana, è stata infatti la prima donna nera a essere candidata come vicepresidente da uno dei due principali partiti americani, e la prima a ricoprire l’incarico. A lei Biden, dopo averla indicata anche sull’onda delle proteste divampate in seguito all’uccisione di George Floyd da parte della polizia, delegò il compito di affrontare l’enorme problema dell’immigrazione clandestina. Eppure, alla vigilia delle nuove elezioni dove Harris, almeno per il momento, si presenta ancora in ticket con Biden, si può affermare senza timore di smentita che Kamala questi tre anni e mezzo li ha vissuti nell’ombra.

La vicepresidente Usa, Kamala Harris
La vicepresidente Usa, Kamala Harris

Harris, sposata con Douglas Emhof, avvocato delle delle star e papà di due figlie avute da un precedente matrimonio, se non scoppia la guerra civile all’interno del partito democratico potrebbe sostituire Biden nella corsa alla Casa Bianca e puntare a diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti.

Lei, a differenza di molti politici del Congresso che provengono da Harvard o Yale, è il frutto dell’educazione accademica californiana e fa parte della congregazione della ’American Baptist Churches Usa’. Nata e cresciuta a Oakland per poi trasferirsi a San Francisco e quindi a Los Angeles, dal 2017 risiede a Washington dopo il suo primo incarico al Senato ottenuto anche con l’appoggio di Barack Obama. L’ex presidente degli Usa ne ha sempre riconosciuto la tenacia e la determinazione assieme a un carattere d’acciaio dietro la sua vocina un po’ nasale. Considerata parte dell’elite democratica fin dall’inizio della sua carriera, anche quando venne eletta procuratrice della California, grande sostenitrice dei temi di emancipazione delle donne e del diritto all’aborto, ritenuta più a sinistra di Biden, Kamala Harris non ha mai perso un’elezione.

Nelle primarie del 2020 ebbe un durissimo scambio con Biden sulla discriminazione degli studenti neri anche nei trasporti scolastici in California, ma il vecchio Joe la scelse proprio perché lei le proteggeva il fianco sinistro del partito. E oggi sono proprio il senatore Bernie Sanders e la deputata Ocasio Cortez a dire che se il presidente dovesse mollare tutto, il loro appoggio andrebbe a lei e non ad altri eventuali candidati. In queste concitate settimane mentre il partito si sta spaccando in gruppi di potere cinici e isterici. Harris, come un buon soldato, continua la sua campagna elettorale per assicurarsi soprattutto il voto femminile, della gente ispanica e afroamericana, di ebrei come il marito e degli indipendenti.

Per il 75% degli iscritti democratici – anche se non ha molto peso personale all’interno dei democratici – Harris sarebbe un buon presidente. L’atto di lealtà verso Biden sotto attacco non poteva essere più chiaro. E non cesserà neanche se lo stesso presidente dovesse passarle il testimone. Ma in queste ore spunta anche l’ipotesi, per molti suicida, di indire mini primarie per rimpiazzare l’intero ticket e interrompere la continuità. In questo caso la Harris finirebbe azzerata.