Roma, 25 ottobre 2023 – “Sotto le bombe non si salva nessuno". Arriva, via WhatsApp, in diretta da Gaza la testimonianza di Giuditta Brattini, 65 anni, cooperante veronese di Gazzella Onlus. È una dei 14 italiani nella Striscia di Gaza, tra i pochi connazionali nell’enclave, sottoposta ai raid di Israele cominciati il 7 ottobre, in risposta all’attacco di Hamas. "Il governo italiano – questa la critica lanciata da Brattini – ha portato via con voli militari i pellegrini da Israele ma non ha organizzato corridoi umanitari per gli italiani bloccati a Gaza".
Ad oggi nella Striscia – secondo quanto ha riferito ieri ministro degli Esteri Antonio Tajani – si trovano "7 connazionali con il passaporto italiano e 7 con il doppio passaporto italo-palestinese. Contiamo di far uscire i connazionali appena possibile. L’ambasciata italiana al Cairo è pronta ad andare a recuperarli e riportarli a casa. Stanno bene, siamo abbastanza tranquilli per loro, lavoriamo per farli uscire quando si deciderà di lasciar passare tutti gli abitanti di Gaza con doppia cittadinanza. Solo una cittadina italiana ha deciso di rimanere: è un’operatrice della Croce rossa e ritiene di dover continuare il suo lavoro lì".
Ai 14 connazionali si aggiungono altri 4-5 loro familiari stretti palestinesi, fra i quali anche una bambina piccola ma "una serie di concause – ha sottolineato Tajani – rende la loro uscita più complicata". Brattini oggi si trova a Rafah, nel sud della Striscia e sfrutta i rari momenti in cui arrivano l’elettricità per ricaricare le batterie dei cellulari e, soprattutto, la connessione Internet. "L’abbiamo sentita per pochi minuti questa mattina (ieri mattina, ndr). È bloccata a Rafah, la loro situazione per ora è sempre la stessa. Loro adesso sono sotto il cappello dell’Onu ma per uscire da Gaza serve un corridoio di sicurezza. Israele sta radendo al suolo tutto, continua a bombardare indiscriminatamente. I palestinesi uccisi nella Striscia sono già più di 5mila" spiegano da Gazzella Onlus.
Nell’ultimo audio messaggio inviato alla onlus Brattini descrive le condizioni nel campo messo a disposizione dall’Unrwa dove hanno trovato riparo cooperanti e operatori umanitari. "Non è una struttura attrezzata per poter accogliere le persone, viviamo nelle stesse condizioni dei palestinesi, anche noi senza sufficienti servizi igienici – racconta Brattini –. Siamo chiusi praticamente in questo parcheggio dell’Unrwa dal quale non è possibile uscire per cui non abbiamo neanche la possibilità di verificare sul territorio quello che sta succedendo". Nella sua testimonianza la cooperante descrive anche i bombardamenti nel sud della Striscia.
“È iniziato anche il bombardamento qui a Rafah e Khan Younis, la notte tra domenica e lunedì è stata veramente molto difficile. Il sonno veniva interrotto dai bombardamenti e dalle immediate sirene delle ambulanze che andavano a soccorrere i feriti".
Tra gli italiani bloccati a Gaza c’è anche Jacopo Intini, 28 anni, capoprogetto della ong italiana Ciss-Cooperazione Internazionale Sud Sud. "Gli aiuti arrivati con i camion sono insufficienti – ha spiegato Intini in un audio –. Rimane il problema del carburante senza in quale non si può effettuare nemmeno la distribuzione dei pochi aiuti umanitari che entrano".