Martedì 5 Novembre 2024
LUCA BOLOGNINI
Esteri

Il soldato italiano che difende Israele: "Ci sparano dal Libano. Qui al Nord è peggio"

Leonardo Aseni, tiratore scelto della brigata Golani, da 20 giorni è in prima linea contro Hezbollah

“Qui al Nord la situazione è molto peggio che al Sud. Venerdì è stato ucciso un mio commilitone, è stata una notte terribile: Hezbollah ci ha bombardato con missili Kornet e anticarro, che loro usano anche contro i soldati. Da venti giorni non mi faccio una doccia e non mi tolgo gli anfibi. L’altro giorno, parlando con mia sorella, le ho detto che quando uscirò da qui avrò bisogno di uno psichiatra. L’ho detto in modo scherzoso, ma mi servirà davvero aiuto". Leonardo Aseni, 35 anni, è un tiratore scelto della brigata Golani, una delle unità d’élite dell’esercito israeliano. Nato in Italia, i suoi genitori vivono ancora nel nostro Paese, si è arruolato dopo gli studi. Nel 2014 è entrato a Gaza, nell’ambito della missione ’Margine protettivo’, e ora, dopo essere stato improvvisamente richiamato in servizio, si trova al confine col Libano a difendere Israele da Hezbollah.

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Leonardo Aseni, 35 anni, è un tiratore scelto d’Israele
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Cosa è successo il 7 ottobre?

"Stavo dormendo, quando mi sono arrivati dei messaggi di allerta sul telefono. Sembrava un classico attacco missilistico su Tel Aviv. È qualcosa a cui siamo abituati. Ho acceso la televisione e ho capito che qualcosa non andava: parlavano di un’infiltrazione terroristica al Sud. Una situazione surreale, sembrava la trama di una serie tv. Non potevo crederci. Non mi sembrava possibile che Hamas fosse stata capace di sorprenderci in quel modo".

E poi?

"Mi hanno richiamato in servizio. In dieci minuti ho fatto lo zaino e un mio collega è passato a prendermi. Tel Aviv era deserta. Ci hanno portati in un punto di ritrovo segreto, dove c’era tutto il nostro equipaggiamento di guerra, ed eravamo pronti a entrare in azione. Siamo stati mandati al Nord, al confine col Libano".

Era la prima volta che rientrava in azione dal 2014?

"No, ogni anno ci sono delle esercitazioni e ho spesso partecipato ad altre missioni. Hezbollah è molto più pericolosa di Hamas. Nove anni fa sono entrato nel cuore di Gaza, ma quello che ho visto qui in questi venti giorni non è nulla di paragonabile".

Cosa è cambiato in questi nove anni?

"Nel 2014 ero un ragazzino, forse ero più incosciente. Pensi di meno al prezzo della vita, a quante cose vorresti e potresti fare. Una guerra, comunque, ti segna il cuore ed essere richiamato non è stato facile. Nessuno di noi vorrebbe essere qui, vorremmo tutti essere a casa. Al Nord combattiamo una guerra di difesa: è molto più logorante, c’è molta più tensione. Paradossalmente preferirei di nuovo entrare nella Striscia, che essere qui. Tra di noi ci facciamo forza, anche perché per Israele questa è una guerra di sopravvivenza. Non ce l’ho con palestinesi, iraniani o libanesi, ma non possiamo trattare con Hamas o Hezbollah: sono organizzazioni terroristiche".

Con i suoi genitori si sente spesso?

"Non tanto e comunque cerco di raccontare il meno possibile di quello che succede qui. Ho bisogno delle loro energie. Abbiamo un gruppo WhatsApp, ogni giorno mando un cuore per dire che sto bene. Di più non avrebbe senso".