Giovedì 21 Novembre 2024
BELARDETTI
Esteri

Israele sacrificato

di Aldo Baquis

ISRAELE si sente abbandonato: anche, e in primo luogo, dal suo alleato più intimo, gli Stati Uniti. Davanti alle telecamere, il premier Netanyahu si sbigottisce per l’ennesima volta alla vista di negoziatori statunitensi che continuano imperterriti a trattare, mentre a Teheran le folle gridano: «Morte agli Usa». Si indigna per il disinteresse delle potenze del 5+1 di fronte alla politica espansionistica dell’Iran (in Libano, Siria, Gaza, Yemen, Sudan e altrove) e per il suo sostegno a reti terroristiche, in primo luogo agli Hezbollah e a Hamas. Possibile, si chiede allibito, che i grandi della Terra non si interroghino mai sul futuro del Medio Oriente, e del mondo intero, una volta che le sanzioni saranno rimosse e che nelle casse di Teheran affluiranno centinaia di miliardi di dollari? Che ne sarà della opposizione interna al regime degli ayatollah su cui almeno l’Occidente diceva di nutrire speranze? Guardandosi intorno, il premier fatica a capacitarsi: possibile che solo Israele comprenda che l’accordo consentirà all’Iran di dotarsi in un futuro non lontano – come insegna il precedente della Corea del Nord – di armi atomiche e di mettere così in pericolo la pace nel mondo? Magari, sospirano i dirigenti israeliani, fosse solo una debolezza passeggera.

 

NASCE spontaneo il dubbio che le potenze abbiano freddamente deciso di accettare l’Iran (che già oggi svolge funzione di gendarme in Libano, Siria e Iraq) come la nuova potenza regionale: anche se Israele, Arabia Saudita ed Egitto (Paesi di lunga fedeltà Usa) tremano a quel pensiero. Nasce il sospetto che il presidente Barack Obama sappia fin troppo bene quello che fa, e che abbia compiuto la sua scelta. Lunedì in parlamento Netanyahu ha solennemente ribadito l’impegno di impedire all’Iran, malgrado tutto, di dotarsi di armi atomiche. Ma nel nuovo contesto mondiale, specialmente in assenza di un ok americano, un blitz solitario israeliano in Iran appare ora remoto. Prima di balzare a scenari da Gog e Magog, la strada resta lunga. Israele può sperare in un’azione di disturbo al Congresso, magari col discreto aiuto di Hillary Clinton. Inoltre nella Regione l’opposizione è molto forte: dal paventato accordo con l’Iran potrebbe sbocciare una sintonia strategica fra Israele e i vicini sunniti. Verrebbe anche utile, tra l’altro, come puntello a intese con i palestinesi.

di Aldo Baquis