Roma, 8 ottobre 2023 – Un’offensiva senza precedenti, che ha colto di sorpresa non solo la comunità internazionale, ma gli stessi apparati di sicurezza di Israele e che punta a colpire la normalizzazione in atto in Medio Oriente. Una carneficina, che difficilmente attrarrà le simpatie dei Paesi della regione e che rischia di ritorcersi contro Hamas e lo stesso popolo palestinese. Ferdinando Nelli Feroci, ambasciatore dalla lunga esperienza e oggi presidente dell’Istituto Affari Internazionali ha spiegato a QN perché questo attacco oltre che un massacro, rischia di essere un grosso errore.
Ambasciatore Nelli Feroci, un attacco senza precedenti che arriva nel cinquantesimo anniversario della guerra del Kippur...
"Credo sia interessante collegare l’offensiva di Hamas al tentativo in corso di normalizzazione delle relazioni fra Arabia Saudita e Israele, cioè una ripresa delle relazioni diplomatiche e un riconoscimento di Israele da parte dell’Arabia Saudita sul modello degli accordi di Abramo. I negoziati vanno avanti da mesi, con il sostegno degli Stati Uniti. Il primo sospetto che viene è che un’offensiva di queste dimensioni di questa portata condotta da Hamas contro Israele provocherà inevitabilmente una reazione massiccia da parte israeliana. Questo renderà molto complicato e difficile per l’Arabia Saudita procedere su questo percorso di normalizzazione del rapporto con Israele".
L’intensità dell’attacco è senza precedenti. Un po’ troppo per le capacità di Hamas ed Hezbollah. È possibile che abbiano ricevuto aiuti da Paesi interessati a tenere il Medio Oriente una regione destabilizzata?
"Sì, ma va detto che questi Paesi non sono molti. C’è sicuramente l’Iran, che ha salutato con il massimo della solidarietà questa operazione condotta da Hamas. È verosimile che l’Iran abbia messo a disposizione di Hamas missili, razzi e tecnologie per costruirli proprio nella Striscia che hanno consentito questa offensiva. E la Russia non mi sembra che si sia per ora manifestata. È sicuramente un Paese che può avere un interesse a destabilizzare quella regione soprattutto a impedire un tentativo americano di tornare protagonista nella regione con l’estensione degli accordi di Abramo all’Arabia Saudita". Quali potrebbero essere le conseguenze dell’attacco?
"Rispetto alla guerra del Kippur o altri conflitti successivi, questa volta vedo poco probabile l’ipotesi che altri Paesi arabi della regione entrino in conflitto con Israele per sostenere i palestinesi. L’Egitto non ci pensa minimamente. Le monarchie del Golfo hanno normalizzato il rapporto con Israele, non hanno nessun interesse a farsi coinvolgere. Questa offensiva mi sembra anche, in un certo senso, una mossa disperata e anche un po’ suicida da parte di Hamas. Con questa iniziativa ha chiuso la porta a qualsiasi ipotesi di una sua normalizzazione, con la prospettiva di essere riconosciuto come interlocutore politico accettabile. Non voglio dire per gli israeliani, ma nemmeno per il resto della comunità internazionale. C’è comunque qualcosa che sfugge alla comprensione razionale dietro questo attacco così massiccio con così tante vittime. Anche perché è più che noto che le forze israeliane sono di gran lunga superiori a quelle di Hamas e che la rappresaglia sarà durissima e inevitabile".