Roma, 4 gennaio 2024 – Saleh Al Arouri, 58 anni, ucciso da un drone nella roccaforte di Hezbollah a Beirut, era il vice del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh e un uomo dalle mille connessioni nel mondo. Aveva rapporti stretti con l’Iran, con i miliziani Houthi yemeniti filoiraniani ed era ’ospite personale’ del leader degli Hezbollah Hassan Nasrallah. ’Al Akhbar’, un giornale vicino ai combattenti del ’partito di Dio’, ha scritto che il suo assassinio "ha superato la linea rossa", fissata da Nasrallah, fautore di un lento logorio di Israele lungo il suo fronte settentrionale, ma contrario a un conflitto aperto. Si dice che conoscesse in anticipo il progetto di massacro del 7 ottobre nel sud dello stato ebraico messo a punto dal suo ex compagno di cella nelle galere israeliane Yahiya Sinwar.
La lunga militanza di Al Arouri lo aveva fatto diventare anche una sorta di ago della bilancia negli equilibri interni di Hamas. Il Movimento di Resistenza islamica sconta ora una contrapposizione fra i suoi capi a Gaza, il leader politico Yahya Sinwar e il comandante militare delle Brigate Ezzeddin al Qassam Mohammed Deif, e Khaled Meshal, rifugiato a Doha, la capitale del Qatar, la città nella quale Ismail Haniyeh, alloggia con la famiglia e con i suoi collaboratori più stretti in un albergo a sette stelle. Tutti superricercati dagli agenti segreti del Mossad israeliano.
Sinwar pare ancora galvanizzato dalla carneficina del 7 ottobre e dal sangue dei 1200 caduti israeliani. In cambio dei 130 ostaggi che sono ancora nelle sue mani ha chiesto il rilascio di Maruan Barghouti, leader della seconda Intifada (rivolta), condannato a 5 ergastoli, uomo di al Fatah che secondo i sondaggi più recenti conquisterebbe il 47 per cento dei voti in un’eventuale elezione del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese. Gli altri due uomini che Sinwar vorrebbe vedere liberi sono Abdullah Barghouti, specialista di esplosivi di Hamas, collezionista di condanne all’ergastolo (67) per una catena di attentati nei quali sono morti 67 israeliani, e Ahmad Sa’adat, segretario del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. A suo giudizio sono i tre leader che incarnano il top della resistenza a Israele.
Khaled Meshal è il braccio destro di Haniyeh a Doha. Pur avendo aderito ad Hamas fin dalla nascita dell’organizzazione nel 1967, in passato ha dichiarato che è possibile riconoscere Israele a patto che Gerusalemme esca da tutti territori occupati e che consenta la nascita di uno Stato palestinese. Ha vissuto a lungo in Kuwait e poi in Giordania, dopo che l’emirato espulse circa trecentomila palestinesi nel 1991. Il 25 settembre del 1997 ha subito un tentativo di ucciderlo organizzato dal Mossad, il controspionaggio estero israeliano. Ha dalla sua parte, oltre al Qatar, l’Egitto, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. E ora anche l’irritazione degli Usa verso Israele, sia per il blitz senza preavviso contro Saleh Al-Arouri sia per la retorica "incendiaria e irresponsabile" di alcuni ministri di Netanyahu sulla ricollocazione dei palestinesi fuori da Gaza.
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