Giovedì 21 Novembre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Armi e stampa, Israele resta isolato. Ma Tel Aviv attacca ancora Unifil

Gli Usa: stop alle forniture militari se lo Stato ebraico impedisce gli aiuti per Gaza. Piani svelati sui giornali. Netanyahu: “Ho un compito storico”. E in Libano un tank colpisce una base spagnola dei caschi blu

Ancora un attacco dell’esercito israeliano alla missione Unifil. Un tank ha colpito una postazione nel Sud del Libano, vicino a Kafer Kala, dov’è di stanza il contingente spagnolo. "Un carro armato Merkava dell’Idf ha sparato alla torre di guardia. Due telecamere sono state distrutte e la torre è stata danneggiata”, riferisce Unifil denunciando anche in questo caso, come negli attacchi precedenti, “fuoco diretto e apparentemente deliberato su una nostra posizione”. E da Tel Aviv non arrivano aperture. “Israele – ha detto il ministro degli Esteri Israel Katz – attribuisce grande importanza alle attività di Unifil il ‘giorno dopo’ la guerra contro Hezbollah”. Nel frattempo si va avanti, dice, ricordando che “è Hezbollah a usare il personale Unifil come scudi umani”.

Tempi duri per i responsabili israeliani alle relazioni estere. Se le retrovie di Israele sono sovente oggetto di attacchi di missili e di droni lanciati da vari Paesi e se le strade delle sue città tornano a essere teatro di sanguinosi attacchi terroristici palestinesi, anche i suoi diplomatici – mentre il Paese entra nel secondo anno di guerra – devono affrontare una fitta serie di sfide. Ieri, in una manciata di ore, il governo Netanyahu è stato stretto in una sorta di assedio diplomatico da Usa, Ue, Gran Bretagna, Francia e dalla Autorità nazionale palestinese. Malgrado il crescente isolamento internazionale Netanyahu sta completando i preparativi per un attacco militare contro infrastrutture in Iran, in ritorsione al lancio di quasi 200 missili balistici da Teheran, due settimane fa.

Alcuni mezzi della missione Unifil in Libano
Alcuni mezzi della missione Unifil in Libano

Sul piano interno il premier si sente più in sella che mai: fintanto che proseguono i lanci di missili sulle città israeliane le manifestazioni di massa dei suoi oppositori non possono più essere autorizzate. Inoltre una emittente a lui vicina, Canale 14, ha pubblicato un sondaggio interno secondo cui l’attuale coalizione tornerebbe a conquistare una netta maggioranza alla Knesset, se si svolgessero oggi elezioni.

Dagli Stati Uniti Netanyahu ha ricevuto l’avvertimento che le forniture militari potrebbero subire ripercussioni se entro un mese Israele non autorizzasse in maniera sensibile l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza. Sempre ieri il segretario di Stato Antony Blinken ha fatto sapere che, assieme agli Emirati arabi, intende conoscere quali siano i progetti politici israeliani per il dopoguerra a Gaza, e secondo Axios farà una proposta dopo le elezioni americane. Una proposta che potrebbe essere simile a quella apparsa sul Financial Times in un editoriale firmato da Lana Nusseibegh, viceministra degli Esteri degli Emirati. Nei mesi scorsi Netanyahu ha ribadito di opporsi a qualsiasi ruolo attivo dell’Anp di Abu Mazen e dunque i progetti americani sono rimasti in sospeso. Ieri inoltre una ministra del Likud ha annunciato una manifestazione, che si terrà a giorni a pochi chilometri dalla Striscia, con lo slogan: “Gaza è nostra, per sempre”. In occasione della festa ebraica dei Tabernacoli la ministra Mai Golan ha anticipato che in quella occasione nella Sukkà (Tabernacolo) del Likud si discuterà della organizzazione di “nuclei di insediamento ebraico a Gaza”.

Nelle stesse ore da Londra si è appreso che il governo laburista di Keir Starmer sta “valutando” l’ipotesi di sanzioni contro due ministri nazional-religiosi – Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich – entrambi accesi sostenitori della colonizzazione ebraica. Da loro sono giunte affermazioni “abominevoli”, secondo Starmer. Una improvvisa ventata di gelo è giunta anche da Parigi, con la decisione del Salone Euronaval, dedicato al settore navale e della Difesa, di non ospitare né stand né materiale israeliano nella edizione che inizia a novembre. Poche ore prima il presidente Macron e Netanyahu erano stati impegnati in una schermaglia politica sulla situazione in Libano e anche storica, circa la nascita di Israele. “In virtù di una decisione dell’Onu” secondo Macron. “Niente affatto – ha replicato –. È stato grazie all’eroismo dei nostri combattenti nella guerra di indipendenza”. A completare la giornata: la netta posizione dell’Ue in difesa della missione Unifil in Libano (dopo gli incidenti a fuoco con Israele) e un appello dell’Anp ad escludere Israele dall’Assemblea generale dell’Onu in quanto “Stato di apartheid”, sulla base del precedente del Sudafrica. “All’Onu siamo vittime di un terrorismo diplomatico” ha denunciato l’ambasciatore di Israele Dany Danon.

Nei suoi messaggi alla Nazione su Gaza, sul Libano e sull’Iran, Netanyahu appare sicuro del fatto suo. “Se avessi fatto concessioni, i media mi avrebbero applaudito. Sarei forse divenuto popolare in Europa ed altrove. Ma avrei tradito il mio compito storico che il popolo di Israele mi ha destinato”, ha dichiarato al settimanale ortodosso Mishpaha. Vede in Israele un avamposto nella lotta contro l’integralismo islamico. Ma dopo aver ostentato scarsa considerazione per il ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo di Stato maggiore Herzi Halevi, in questa missione storica Netanyahu procede più solo che mai.