Martedì 16 Luglio 2024
GIOVANNI SERAFINI
Esteri

Il politologo ai negoziati del ’93: "La pace fallì e oggi è la barbarie. Le distanze sono incolmabili"

Lo studioso Moisi: "Arabi e israeliani erano cugini litigiosi. Ora i palestinesi sono fieri dei terroristi"

Parigi, 11 ottobre 2023 – “Israele è in guerra. Dopo l’incredibile attacco e l’umiliazione che ha subito, può fare una sola cosa: distruggere Hamas. Lo so, c’è il terribile problema degli ostaggi. È un problema tragico, ma in questo momento non prioritario per il popolo israeliano". Parla Dominique Moisi, geopolitico e specialista di relazioni internazionali: una voce da ascoltare con attenzione in questo momento, considerando che trent’anni fa prese direttamente parte ai negoziati conclusi con gli accordi di Oslo che portarono all’istituzione dell’Autorità Nazionale Palestinese.

Rabin, Clinton e Arafat firmano gli accordi di Oslo
Rabin, Clinton e Arafat firmano gli accordi di Oslo

Nessuna trattativa per salvare gli ostaggi, sapendo che l’azione militare nella Striscia di Gaza li condanna a morte?

"Dopo quello che è successo si può ritrovare un equilibrio emotivo solo sferrando una massiccia operazione militare. Bisogna che Hamas sia eliminato. Bisogna che sia fatta giustizia e che siano vendicati gli 800 israeliani assassinati. Certo ci saranno – anzi ci sono già – dei negoziati segreti, avviati ad esempio dal Qatar per tentare di salvare almeno le donne. Ma Israele adesso è entrata in pieno in una logica di guerra".

Questo attacco è stato minuziosamente preparato e nessuno se n’è accorto. Dov’erano i servizi segreti israeliani? Dov’erano i leader politici di Tel Aviv?

"I servizi segreti certamente sapevano qualcosa, ma erano convinti che il nemico non avrebbe mai osato spingersi fino a quel punto. Hanno sopravvalutato la propria superiorità e sono rimasti vittime della loro hybris: esattamente come gli Stati Uniti, che non si aspettavano l’attacco alle Twins Towers, e come la Francia, che non s’immaginava il massacro del Bataclan. Quanto ai politici, non hanno capito niente. Ed è paradossale che proprio Netanyahu, che ha fatto campagna sulla sicurezza e messo in piedi il governo più duro che Israele abbia mai conosciuto, sia stato umiliato in questo modo".

Oggi Netanyahu è in pericolo?

"Oggi c’è l’unione sacra davanti alla barbarie. I bilanci, con i regolamenti dei conti, si faranno domani".

Si arriverà alla nascita di un governo di unità nazionale?

"Questo supporrebbe che destra ed estrema destra mettano fine alla loro volontà di ridurre i poteri della Corte suprema. Lo faranno? Niente è meno sicuro".

Netanyahu potrebbe essere salvato dagli Stati Uniti?

"Al momento non mi pongo nemmeno la domanda. Biden è in campagna elettorale e gli ebrei americani votano tradizionalmente per i democratici. L’effetto di questo dramma provocato da Hamas è che gli Stati Uniti tornano in posizione centrale nel conflitto mediorientale. Sono di nuovo il primo e il più forte sostegno di Israele".

Per l’Ucraina non è una buona notizia.

"Temo di no. L’invio di armi calerà".

Parliamo dell’Iran, verosimilmente complice di Hamas. Qual è il suo interesse?

"Non vuole l’accordo di Israele con l’Arabia Saudita. E per impedirlo non c’è niente di meglio che riproporre, con la violenza, il tema della questione palestinese".

Qual è lo stato d’animo dei palestinesi in questo momento?

"Sono fieri per l’audacia pazzesca dimostrata da Hamas. Sanno che l’azione sferrata contro Israele comporterà molte perdite umane per gli abitanti di Gaza, ma si sentono più vicini ad Hamas che all’Autorità palestinese, ai loro occhi debole, corrotta e praticamente assente".

Gli israeliani si sentono minacciati anche fuori dai confini? Lei ha parlato di scene che evocano i pogrom della fine del 19esimo secolo in Europa.

"Gli ebrei non si sentono al sicuro da nessuna parte. Sono minacciati all’estero e in patria. In un mondo in cui si può uccidere qualcuno in quanto ebreo, come si può restare tranquilli?".

Nell’agosto e settembre del 1993 lei prese parte ai negoziati che portarono agli accordi di Oslo. Il clima di oggi è molto diverso da quello di allora?

"Diversissimo. A quel tempo israeliani e palestinesi erano cugini che litigavano tutto il giorno ma che alla sera potevano ritrovarsi insieme e darsi delle pacche sulle spalle. Oggi le distanze sono enormi. Negoziare? Su che base? In questo momento l’unica cosa che conviene fare è cercare di evitare il peggio".