Lunedì 23 Dicembre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Gli ostaggi e la tregua a Gaza: "Intesa prima del Ramadan". Washington scarica Netanyahu e punta sul centrista Gantz

Hamas: “Liberazione dei prigionieri solo con il cessate il fuoco, il negoziato non resterà aperto per sempre”. Il ministro israeliano negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, che gli riconoscono pragmatismo e credibilità

Roma, 6 marzo 2024 – Tempi duri per Benjamin Netanyahu dopo che il suo principale rivale in seno al governo, il leader del partito centrista ‘Unione Nazionale’ Benny Gantz, è stato accolto in questi giorni a braccia aperte alla Casa Bianca. In due giorni fitti di impegni ha collezionato una serie di incontri al massimo livello fra cui quelli con la vice presidente Kamala Harris, col segretario alla Difesa Lloyd Austin, col segretario di Stato Antony Blinken, e con altre figure di spicco dell’Amministrazione Biden, nel Senato e nel Congresso. Membro del gabinetto di guerra, Gantz era partito da Israele venerdì dopo una telefonata burrascosa con Netanyahu, secondo cui quella missione diplomatica (che include anche una tappa al Ministero degli Esteri di Londra) era stata organizzata a sua insaputa. "In Israele – ha poi ribadito pubblicamente Netanyahu – c’è un solo primo ministro". In seguito ha anche dato istruzione all’ambasciatore di Israele a Washington, Mike Herzog, di non accompagnare Gantz nei suoi incontri con i dirigenti Usa.

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Il ministro israeliano Benny Gantz a Washington
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Ormai Biden non nasconde più il suo senso di insofferenza personale nei confronti di Netanyahu. Sui media americani compaiono negli ultimi tempi apprezzamenti poco lusinghieri attribuiti al presidente nei confronti del premier. Sul tavolo ci sono divergenze di opinione sia strategiche sia tattiche. Le prime riguardano il futuro assetto di Gaza al termine delle operazioni militari contro Hamas. Netanyahu continua a respingere ogni progetto che prefiguri la nascita futura di uno Stato palestinese nel contesto di un accordo che includa la normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita. Il premier esclude inoltre qualsiasi ruolo amministrativo a Gaza da parte dell’Autorità nazionale palestinese. A ciò si aggiunge la richiesta di Israele di neutralizzare l’Unrwa (l’ente per i rifugiati palestinesi) per le sue "connivenze con Hamas".

Ma il vuoto politico che resterebbe a Gaza dopo la guerra allarma molto gli Usa. A ciò si è aggiunto il loro sbigottimento dopo la strage di giovedì fra i palestinesi in attesa di aiuti umanitari a Gaza. Israele – hanno detto Biden e Harris, durante il soggiorno di Gantz a Washington – deve fare molto di più per inoltrare aiuti alla popolazione affamata. E subito dopo aerei Usa hanno iniziato lanci massicci di aiuti su Gaza: una espressione in più di sfiducia verso Netanyahu. In Gantz – un ex ministro della Difesa – ritengono di aver trovato un interlocutore pragmatico, più disposto a seguire la loro linea di pensiero: almeno per quanto riguarda la organizzazione della vita civile a Gaza al termine del conflitto.

Ma la destra israeliana non lo perdona. Un ministro fedele a Netanyahu lo ha definito "un cavallo di Troia" al servizio degli Usa, mentre sui social vicini al Likud si è scatenata una campagna di diffamazione.

Intanto al Cairo proseguono, fra mille difficoltà, i negoziati indiretti fra Israele e Hamas per un cessate il fuoco a Gaza accompagnato da uno scambio di prigionieri. Il tempo stringe perché l’obiettivo dei mediatori (in primo luogo, degli Usa) è di raggiungere una intesa prima del Ramadan, che inizierà il 10 marzo o il giorno successivo. Il timore è che, se si trovasse ridotto con le spalle al muro, Hamas potrebbe dare di nuovo fuoco alle micce: ad esempio scatenando sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme episodi di violenza, nell’intento di innescare una insurrezione in Cisgiordania e fra gli arabi di Israele. Un fallimento al Cairo sarebbe "molto pericoloso", ha avvertito il presidente americano. Gli israeliani non hanno ancora inviato una propria delegazione al Cairo, perché non hanno ricevuto i nomi degli ostaggi vivi, mentre Hamas ha insistito con il suo mantra, "l’intesa sulla tregua è nella mani di Israele e degli Usa", avvertendo poi che "la via dei negoziati non sarà aperta indefinitamente".