Tel Aviv, 6 novembre 2024 – Nelle ore in cui gli americani erano impegnati in critiche elezioni presidenziali Benjamin Netanyahu ha innescato a sorpresa una profonda crisi in Israele annunciando il licenziamento in tronco del ministro della difesa Yoav Gallant (Likud), il principale interlocutore e uomo di fiducia della amministrazione Biden nel governo israeliano. Mentre i responsabili alla difesa restano in massima allerta per una possibile nuova offensiva iraniana, e mentre le truppe israeliane sono invischiate in combattimenti cruenti a Gaza ed in Libano, Netanyahu ha ritenuto necessario sostituire il ministro della difesa in quanto, ha spiegato, “la crisi di fiducia nei suoi confronti non consentiva più la gestione della campagna militare”. A Gallant, avvisato 10 minuti prima, subentrerà l’attuale ministro degli esteri Israel Katz, molto forte nell’apparato del Likud ma privo di esperienze particolari in materia di sicurezza nazionale. L’ormai ex ministro della Difesa, ieri sera in conferenza stampa, ha detto: “L’oscurità morale ha travolto Israele. La sicurezza dello Stato di Israele è sempre stata, e sempre rimarrà, la missione della mia vita”.
In un messaggio alla nazione Netanyahu ha anche collegato la rimozione di Gallant a due drammatiche indagini condotte separatamente dallo Shin Bet (sicurezza interna) e dalla polizia, centrate sul comportamento del suo ufficio durante la guerra a Gaza e nelle trattative per la liberazione degli ostaggi a Gaza. Una riguarda il sospetto che alcuni ufficiali dell’intelligence si siano appropriati di documenti segreti i quali sarebbero poi giunti – per vie traverse ed in forma rielaborata – a media internazionali, e ciò per giustificare un irrigidimento di Netanyahu sulla questione degli ostaggi. L’altra inchiesta, ancora coperta dal segreto giudiziario, potrebbe riferirsi (secondo alcuni media) a rielaborazioni di protocolli delle prime fasi della guerra. Nel suo discorso dalla nazione Netanyahu ha creato l’impressione che dietro a quelle inchieste potrebbe esserci stato un ruolo dello stesso Gallant. A tarda serata è intervenuto anche il presidente israeliano Isaac Herzog: “Israele non ha bisogno di spaccature ma di responsabilità”.
Secondo i media israeliani sabato scorso la polizia è andata negli uffici del primo ministro israeliano. Lo stesso Netanyahu, tra l’altro, ora potrebbe puntare a cacciare anche i capi dell’Idf (l’esercito di Tel Aviv) e dello stesso Shin Bet. Gallant aveva di nuovo creato un ostacolo per Netanyahu. Aveva infatti espresso totale opposizione a una nuova legge che mira a esentare decine di migliaia di ebrei ortodossi dal servizio militare. Per il premier quella legge è invece necessaria perché senza il sostegno dei partiti ortodossi la coalizione rischierebbe di crollare.
Domenica Gallant ha sfidato Netanyahu inviando ordini di arruolamento per 7.000 ortodossi. E ieri è giunta la furiosa reazione del premier che ha colto di totale sorpresa il Pentagono: il segretario alla difesa Lloyd Austin negli ultimi tempi dialogava con Gallant quasi tutti i giorni.
Secondo alcuni osservatori è possibile che Netanyahu abbia maturato la sensazione che Trump è lanciato alla vittoria e che la amministrazione Biden stia per uscire di scena. A Tel Aviv e a Gerusalemme decine di migliaia di dimostranti sono subito scesi in strada per protestare contro il licenziamento di Gallant che, secondo loro, rischia di prolungare ad oltranza la guerra e di costare definitivamente la vita dei 101 ostaggi israeliani a Gaza. Scontri tra polizia e manifestanti sono scoppiati fuori dalla residenza di Netanyahu a Gerusalemme dove gli agenti hanno eretto barricate intorno alla casa del premier.