Mercoledì 17 Luglio 2024
MARTA FEDERICA OTTAVIANI
Esteri

Medio Oriente, Erdogan contro Netanyahu: "Non è più un interlocutore". E Blinken si appella ai Paesi arabi

Alta tensione tra Turchia e Israele. La risposta di Tel Aviv: "Lui è sempre più schierato con i terroristi". L’inviato di Biden oggi sarà ad Ankara, in cerca di sostegno per arrivare a una tregua umanitaria

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Più che una missione diplomatica è una missione impossibile, con il capo della diplomazia americana, Antony Blinken, che oggi sarà in Turchia, ormai a tutti gli effetti un territorio ostile alle trattative di pace. Il Segretario di Stato della Casa Bianca venerdì ha incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, dal quale ha ricevuto una sonora doccia fredda: Israele non ha intenzione di fermarsi e a poco valgono le pressioni americane che invocano una ‘pausa umanitaria’ al posto di un cessate il fuoco che pare ormai irraggiungibile. Questo nonostante Blinken abbia sottolineato a più riprese che i civili palestinesi vanno protetti a ogn i costo. Ieri la tappa in Giordania, mentre oggi saraà la volta della Turchia: i due Paesi sono pronti a un muro, nemmeno troppo metaforico, nel secondo caso.

La visita in Giordania si è svolta in un contesto di estrema freddezza. Amman mal tollera le condizioni in cui versa la popolazione palestinese e Gaza e sul piatto davanti. Al capo della diplomazia americana ha messo sul piatto tutti gli anni in cui il premier Netanyahu ha cercato di indebolire l’Autorità nazionale palestinese fino a ridurla allo stato di non-interlocutore e fare sfumare definitivamente il processo di pace. Oggi lo attende la parte più complessa e difficile.

Blinken si recherà ad Ankara, dove il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, lo aspetta con ben poco pacifici intenti. La visita è stata in forse fino all’ultimo, data la posizione della Mezzaluna a favore di Hamas e gli attacchi furiosi al premier Netanyahu da parte di Erdogan, definito ‘uno con cui non è più possibile parlare’. Eppure, in questo momento, gli Stati Uniti sembrano aver quanto mai bisogno di parlare con tutti, anche con quelli che nei confronti del capitolo del conflitto arabo – israeliano hanno tenuto posizioni quanto mai ambigue. In questo senso, la Turchia è sicuramente uno dei protagonisti.

Ieri Ankara ha fatto sapere di aver richiamato il suo ambasciatore a Tel Aviv. Da tempo Erdogan è accusato, non a torto, di essere l’espressione dei Fratelli Musulmani in Turchia e di aver finanziato per anni attività di Hamas non particolarmente trasparenti, tanto che per qualcuno i finanziamenti turchi potrebbero essere finiti nel rafforzamento delle infrastrutture militari della Striscia di Gaza. Quel che è certo è che Israele non si è fatto scappare l’occasione e per evitare qualsiasi margine di ricomposizione della frattura ha definito la decisione turca "un altro passo del presidente turco Erdogan per schierarsi con l’organizzazione terroristica Hamas. I terroristi di Hamas usano la popolazione a Gaza come scudi umani, impedendo loro di entrare in aree sicure e rubando loro carburante, cibo e acqua potabile. Hamas – ha concluso – è il vero nemico del popolo palestinese e commette crimini di guerra e crimini contro l’umanità".

Ormai da tempo è diventata una guerra su tutti i fronti, anche quello dell’informazione, dove ciascuna delle due parti crede alla sua rappresentazione della realtà.