Lunedì 23 Dicembre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Israele e il futuro di Gaza: "Serve un governo civile assistito da Paesi arabi"

Il piano di Netanyahu: necessaria una de-radicalizzazione di scuole e moschee. Poi il premier striglia ancora gli Usa sulle consegne in ritardo di armi e munizioni.

Israele e il futuro di Gaza: "Serve un governo civile assistito da Paesi arabi"

Benjamin Netanyahu ha fornito ieri primi elementi della propria visione del futuro assetto a Gaza, all’indomani della guerra. In un’intervista al sito politico di Washington ‘Punchbowl’ il premier israeliano ha sostenuto che "dovrà esserci un’amministrazione civile incaricata non solo della distribuzione di aiuti umanitari ma anche delle questioni civili. La cosa migliore – ha aggiunto – è che essa operi con la cooperazione di una sponsorship inter-araba e con l’assistenza di Paesi arabi". In parallelo le forze israeliane resteranno impegnate nella smilitarizzazione sistematica della Striscia "contro sforzi rinnovati dei terroristi". "Quindi – ha proseguito – ovviamente sarà necessario un processo di de-radicalizzazione, nelle scuole e nelle moschee", in particolare per sradicare gli appelli all’annientamento degli israeliani e degli ebrei. Infine, secondo il premier, avrà inizio la ricostruzione fisica "che ricadrà in gran parte sulla comunità internazionale".

Ancora una volta per conoscere i progetti di Netanyahu gli israeliani hanno dovuto affidarsi a media internazionali, dato che da oltre un anno non rilascia interviste a mezzi di comunicazione locali, ritenendoli prevenuti nei suoi confronti. Ma elementi ulteriori sulle mete del gabinetto di guerra sono stati rivelati da un suo ex membro, l’ex generale Gadi Eisenkot. "L’obiettivo enunciato – ha detto alla televisione pubblica Kan – è la distruzione delle capacità di Hamas, militari e di governo. Ma in seno al nostro governo ci sono anche obiettivi occultati. Ci sono ministri che parlano della occupazione di Gaza, di un governo militare israeliano e del rinnovamento di insediamenti ebraici".

Nell’intervista a ‘Punchbowl’ – un sito molto seguito al Congresso – Netanyahu ha spiegato le ragioni che lo hanno spinto a pubblicare un video di recriminazione nei confronti della amministrazione Biden per ritardi nelle forniture militare ad Israele. "Non sappiamo nemmeno di cosa parli", aveva replicato il Dipartimento di Stato. "Ci sono stati forti ritardi nella consegna di munizioni e di armi importanti" ha ribattuto Netanyahu. "Non parlo di aerei F35 o F16, che arriveranno fra anni. Parlo di quanto è necessario adesso per vincere la guerra a Gaza il più presto possibile e per sventare una guerra in Libano. Mesi di colloqui discreti dietro le quinte non hanno risolto il problema".

Impegnato in una spola fra Israele e Libano per sventare il rischio crescente di una guerra aperta con gli Hezbollah, il diplomatico Usa Amos Hochstein ha espresso stupore per le recriminazioni. "Dall’inizio della guerra – ha detto a Gerusalemme – gli Stati Uniti vi hanno fornito aiuti militari per 7,5 miliardi di dollari". Dall’ottobre 2023, secondo la radio militare, a Gaza sono stati eliminati 14mila dei 30 mila miliziani di Hamas. A Rafah l’esercito sta per completare le operazioni. Progetta dunque di annunciare la distruzione della ala militare di Hamas e di ritirare le forze da buona parte della Striscia mantenendo due punti saldi: l’Asse Filadeflia, al confine Gaza-Egitto, e l’Asse Netzarim, fra il Sud ed il Nord della Striscia.