Roma, 6 aprile 2024 – Le indicazioni dello Shin Bet e del Mossad – il servizio segreto israeliano per l’interno e quello per l’estero – sono state chiare: il rischio di attacchi terroristici da parte dell’Iran o di gruppi che fanno parte dell’asse iraniano è molto alto, specialmente ieri – ultimo venerdì del Ramadan e Ruz Jahâni Quds, la giornata iraniana pro Palestina e antisionista –, oggi e domani. E così il Ministero degli Esteri di Israele ha deciso giovedì pomeriggio la chiusura di 28 ambasciate in vari Paesi. Tra queste anche l’ambasciata israeliana a Roma. Non è noto per quanto lo saranno, ma la maggior parte dovrebbe riaprire, con varie date, la prossima settimana anche se alcune potrebbero rimanere chiuse fino a dopo la Pasqua ebraica, a fine mese.
Che ci sarà un attacco iraniano come vendetta per il bombardamento del consolato di Teheran in Siria è stato del resto detto apertamente dalle massime autorità del regime degli ayatollah, anche ieri. "Non c’è modo di salvare i sionisti, non possono scegliere tra morte e vita, la loro opzione è la resa", ha tuonato ai funerali il comandante dei pasdaran, il maggior generale Hossein Salami. "Siamo certi che questo sentimento che viene dal cuore porterà alla distruzione del regime sionista", gli ha fatto eco il presidente iraniano, Ebrahim Raisi.
Sulla stessa frequenza il leader di uno dei maggiori “proxy“ iraniani, il capo della milizia libanese Hezbollah. "Siate certi – ha detto Hassan Nasrallah – che la risposta iraniana all’attacco al consolato di Damasco è inevitabile. Solo Khamenei può decidere come, quando e dove ci sarà la risposta dell’Iran a Israele ma l’attacco al consolato iraniano costituisce una svolta nella guerra in corso e la regione è entrata in una nuova fase". Dando a Khamenei la piena responsabilità della vendetta, Nasrallah ha implicitamente così fatto capire che l’attacco non sarà effettuato da Hezbollah ma ha comunque ribadito la lealtà a Teheran e anche rivolto, in via preventiva, una minaccia ad Israele ("Non abbiamo ancora utilizzato le nostre armi principali e non abbiamo utilizzato le nostre forze principali").
Intanto ieri l’esercito israeliano ha comunicato l’esito dell’indagine sul tragico attacco ad un convoglio di operatori umanitari di World Central Kitchen, che è costato sette vite innocenti. "L’attacco ai tre veicoli – ha detto l’Idf – è stato effettuato in grave violazione degli ordini e delle regole di ingaggio. È un grave errore, che deriva da un grave fallimento, a causa di un’errata identificazione e un errore nel processo decisionale".
Tra i tanti gravissimi errori il fatto che la presenza di tre veicoli dell’organizzazione umanitaria “di scorta“ ai camion era nota alla 162ª Divisione, che gestiva i checkpoint, ma non al centro di controllo responsabile degli attacchi aerei della Brigata Nahal, dove gli ufficiali ritenevano che il convoglio dovesse essere composto solo da camion. E così, sospettando la presenza di un uomo armato, che invece sulle tre auto del Wck, non c’era, hanno dato ordine al drone di attaccare tutti e tre i veicoli, uno dopo l’altro, anche se hanno visto che questi, feriti nel primo attacco, tentavano di mettersi in salvo prima nel secondo e poi nel terzo. Il Capo di Stato Maggiore Herzi Halevi ha così ordinato la rimozione del colonnello della riserva Nochi Mendel – il capo di Stato maggiore della Brigata di Fanteria di Marina Nahal – e l’ufficiale responsabile coordinamento di fuoco della brigata, che ha il grado di maggiore, "per il loro coinvolgimento nell’ordinare l’azione". Una censura è stata rivolta ai tre comandanti delle unità coinvolte. Ma non ci saranno accuse penali.
L’organizzazione umanitaria World Central Kitchen, seppur riconoscendo che Israele si è assunto la responsabilità dell’attacco e per l’azione disciplinare contro coloro che hanno comandato il raid, ha chiesto "la creazione di una commissione indipendente per fare luce sugli omicidi dei nostri colleghi del Wck. Perché l’Idf non può indagare in modo credibile sul proprio fallimento a Gaza".