Giovedì 10 Ottobre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Israele attacca l’Unifil. Colpite due basi italiane: "Ci hanno sparato contro"

Spari sul quartier generale di Naqura, feriti due caschi blu indonesiani. Tenenti (portavoce missione Onu): colpi deliberati. La condanna dagli Usa alla Cina.

Israele attacca l’Unifil. Colpite due basi italiane: "Ci hanno sparato contro"

Spari sul quartier generale di Naqura, feriti due caschi blu indonesiani. Tenenti (portavoce missione Onu): colpi deliberati. La condanna dagli Usa alla Cina.

Unifil, la forza di pace delle Nazioni Unite nel Libano sud, si è trovata esposta al fuoco dei militari israeliani che da circa 10 giorni sono impegnati in quella zona in una vasta operazione terrestre anti-Hezbollah. Sono stati – secondo Unifil – attacchi "deliberati e ripetuti". Le accuse – che hanno subito sollevato accese reazioni diplomatiche nei Paesi che partecipano alla missione – sono giunte dal portavoce della forza di pace Andrea Tenenti. Intanto le forze israeliane estendono le perlustrazioni nei villaggi libanesi di confine: inizialmente doveva essere una incursione di carattere "contenuto", ma ormai vi partecipano quattro divisioni, appoggiate da mezzi blindati e coperte dall’aviazione. In una prima reazione l’ambasciatore di Israele all’Onu Dany Danon ha dunque consigliato all’Unifil di spostare per precauzione le proprie forze più a nord. Ma il suo suggerimento è stato seccamente respinto.

"Questa mattina – ha riferito Tenenti – due caschi blu sono rimasti feriti dopo che un carro armato Merkavà dell’esercito israeliano ha sparato verso una torre di osservazione presso il quartier generale dell’Unifil a Naqura", alcuni chilometri a nord del confine con Israele. "I soldati – ha aggiunto – hanno anche sparato sulla posizione Unp 1-31 di Capo Naqura, colpendo l’ingresso del bunker dove si erano rifugiati i Caschi blu e danneggiando i veicoli". In un altro incidente avvenuto il giorno precedente i militari israeliani – ha proseguito – "hanno deliberatamente sparato e disattivato le telecamere di monitoraggio". "Israele ha raccomandato più volte ai militari italiani dell’Unifil di ritirare parte delle loro forze dall’area per ragioni di sicurezza – si legge in una nota dell’Ambasciata di Israele in Itaila –, ma purtroppo la richiesta è stata respinta. Le frizioni sul terreno fra i militari israeliani e le forze Unifil rischiano dunque di innescare una aperta crisi politica. Secondo l’ambasciatore Danon per evitare altri incidenti sarebbe opportuno che i caschi Blu "si spostino di 5 chilometri più a nord", a distanza di sicurezza cioè dalle zone dove l’esercito è impegnato a neutralizzare le postazioni avanzate degli Hezbollah e della loro untà di élite, la Radwan. Ma finora le forze dell’Unifil restano nelle proprie posizioni. Dura la reazione dei paesi che partecipano alla missione e non solo. Gli Stati Uniti si sono detti "estremamente preoccupati". "Ci aspettiamo – ha detto Robert Wood, ambasciatore americano all’Onu, intervenendo al Consiglio di sicurezza – che tutte le parti, inclusa Israele, rispettino la sicurezza del personale Onu in Libano". La Cina ha chiesto un’indagine e che "i responsabili paghino".

Ieri il portavoce militare israeliano ha pubblicato immagini riprese nei villaggi libanesi al confine con Israele, "trasformati in veri e propri avamposti in vista di un attacco in grande stile progettato contro la Galilea": e ciò malgrado la risoluzione 1701 dell’Onu (2006) vietasse la presenza di miliziani fra il fiume Litani e il confine. A poche centinaia di metri dal territorio israeliano, nelle case degli abitanti libanesi "erano stivate casse intere di missili Kornett, con una gittata di 10-12 chilometri, missili anticarro, quantità di munizioni, ordigni, armamenti vari ed equipaggiamento militare in abbandanza". Finché l’intera area di confine non sarà "sterilizzata", afferma l’esercito, non sarà possibile consentire alla popolazione dell’Alta Galilea di tornare alle proprie abitazioni.

A Beirut il premier Nakib Miqati è impegnato in serrati contatti diplomatici con la Francia e con gli Usa nel tentativo di mettere a punto un cessate il fuoco. Fra quanti in Israele si sono pronunciati a favore di una soluzione diplomatica anche l’ex premier Ehud Olmert. In un’allarmata intervista tv Olmert ha espresso il timore che Benjamin Netanyahu si consideri ormai come "il leader del mondo occidentale" e che possa coinvolgere in un conflitto generale con l’Iran non solo Israele ma anche Paesi amici. "A quell’imbroglione e ciarlatano di Netanyahu – ha detto Olmert – gli Stati Uniti devono chiarire fin d’ora che non si lasceranno trascinare da lui in una guerra che è possibile impedire".