Giovedì 23 Gennaio 2025
GIOVANNI PANETTIERE
Esteri

Israele accende il fronte Cisgiordania: "Ma così mina la tregua di Gaza"

L’analista Sara Leykin (Ispi): Netanyahu sostiene il colonialismo, l’offensiva potrebbe durare a lungo. Nuovi raid a Jenin. L’Idf elimina un terrorista della Jihad nella Striscia: "Ma vogliamo rispettare i patti"

Sparatorie ed esplosioni hanno avuto luogo ieri nella città di Jenin, in Cisgiordania, mentre le forze israeliane sono impegnate in un’operazione antiterrorismo. "La situazione è molto difficile – ha detto Kamal Abu al-Rub, il governatore di Jenin –. L’esercito di occupazione ha spianato tutte le strade che portano al campo profughi e all’ospedale governativo. Ci sono sparatorie ed esplosioni”. Stando all’Idf, l’esercito di Tel Aviv, il bilancio dell’incursione iniziata martedì e denominata ’Muro di ferro’, è salito a 11 morti, 37 feriti e 30 arrestati. Per il segretario dell’Onu, Antonio Guterres, “c’è il rischio che Israele senta che questo sia il momento di annettere la Cisgiordania e che mantenga Gaza in un limbo”. Sull’offensiva ’Muro di ferro’, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, scandisce: “Eliminiamo i terroristi palestinesi”. Intanto, l’esercito israeliano fa sapere di avere ucciso un “terrorista della Jihad”, Akram Atef Farhan Zanon, nella Striscia di Gaza meridionale, “nonostante il cessate il fuoco”. Ma l’Idf – aggiunge su Telegram – è determinata a mantenere i termini dell’accordo per restituire gli ostaggi.

"Quanto sta accadendo in Cisgiordania non è una novità, stavolta rappresenta in verità una concessione offerta dal premier israeliano, Benjamin Netanyahu, alla componente di destra radicale del suo governo che ha mal digerito il cessate il fuoco a Gaza. Ma in questo modo la già fragile impalcatura dell’accordo fra Hamas e Tel Aviv rischia di crollare alla prima occasione utile a chi spinge verso una ripresa del conflitto nella Striscia, in campo israeliano come in quello palestinese". Allunga l’occhio nel dietro le quinte dell’operazione militare condotta dall’esercito di Tel Aviv a Jenin, denominata Muro di Ferro – undici ieri i morti fra i palestinesi –, Sara Leykin, ricercatrice dell’ISPI-Istituto per gli studi di politica internazionale, specializzata in questioni relative al Medio Oriente e al Nord Africa.

Miliziani palestinesi arrestati a Jenin, in Cisgiordania
Miliziani palestinesi arrestati a Jenin, in Cisgiordania

Ufficialmente che cosa ha spinto Netanyahu ad agire militarmente in Cisgiordania, una volta silenziate le armi nella Striscia di Gaza?

"Da un lato, combattere il terrorismo, si pensi che Jenin è una città particolare dove si concentrano diversi gruppi terroristici, dal Jihad islamico ad Hamas, spesso in conflitto fra loro; dall’altro, garantire la sicurezza in Cisgiordania".

In particolare ai coloni?

"È chiaro che Tel Aviv non può che impegnarsi a tutela dell’incolumità di cittadini israeliani. Tuttavia, non possiamo dimenticare che l’inizio di questa operazione segue di poche ore la decisione del neo presidente Usa, Donald Trump, di revocare le sanzioni contro i sionisti degli insediamenti accusati di fomentare la violenza in Cisgiordania, misure disposte nel febbraio scorso da Joe Biden. Il colonialismo c’è sempre stato nella West Bank, ma, in risposta agli Accordi di Oslo del 1993, che hanno decretato il parziale autogoverno dell’Anp nella regione, il fenomeno ha avuto un’impennata e oggi gode di un marcato sostegno ad opera del governo Netanyahu".

Quindi ’Muro di ferro’ è un duplice assist ai coloni ultranazionalisti e all’estrema destra inquieta che li rappresenta nell’esecutivo israeliano?

"Sì, Netanyahu, ancor più dopo l’uscita dal governo del leader di Potere ebraico, Ben-Gvir, deve guardare anche alla tenuta della sua maggioranza. Se dovesse andarsene anche il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, per lui sarebbe dura restare in sella. Smotrich ha già detto che si dimetterà, qualora il cessate il fuoco nella Striscia dovesse entrare nella sua seconda fase".

Intanto proseguono le azioni di violenza ordite da coloni estremisti nel nord della Cisgiordania contro case e aziende palestinesi. È in atto un pogrom ai danni della popolazione araba?

"Non è sempre facile in campo israeliano, e non, associare termini connessi ad episodi storicamente di matrice antisemita, a fenomeni dei nostri giorni. Si può dire che, al netto della portata più esigua di queste aggressioni, permane più di una somiglianza con i pogrom propriamenti detti. È un discorso complesso".

Assolutamente, al pari della dizione di genocidio per il massacro dei palestinesi a Gaza. Resta il fatto che in Cisgiordania questi gruppi israeliani sembrano agire impunemente.

"Anche per le ultime violenze formalmente è stata aperta un’inchiesta. Poi è insindacabile la sproporzione con cui sono puniti da Tel Aviv i fatti di sangue di matrice palestinese da quelli commessi da cittadini israeliani".

Quando finirà l’operazione militare a Jenin?

"Non si sa, ciò che unisce tutte le componenti del governo Netanyahu è la volontà di continuare la guerra con Hamas".

Anche a costo di far naufragare la tregua nella Striscia e di riportare a Tel Aviv solo le salme degli ostaggi in mano ai terroristi?

"La priorità per il governo è la fine di Hamas. E, dopo l’uscita di scena del capo di Stato maggiore dell’esercito, Herzi Halevi, a controbilanciare Netanyahu ci sono rimasti solo il potere giudiziario e gli 007".