Mai dare un nemico per sconfitto finché non lo hai eliminato. Una frase che calza a pennello all’Isis, lo Stato Islamico, che per anni ha terrorizzato il Medio Oriente e l’Occidente e che, durante la guerra civile siriana, anche grazie all’azione dei curdi sostenuti dagli Stati Uniti, è stato progressivamente ridimensionato. Questo, però, non significa che sia innocuo. Anzi, uno dei timori maggiori di Washington è che, in questo momento di transizione (e di disordine) possa tornare a riconquistare terreno. Lo sa bene il segretario di Stato uscente, Antony Blinken, che ieri in Turchia ha sottolineato il fatto che, con buona pace dell’astio di Ankara verso i curdi, la lotta allo Stato Islamico non deve cessare.
Una preoccupazione sostenibile almeno per tre motivi. Assad è caduto, il governo di transizione rimarrà in carica fino a marzo e dovrà dare vita a una Costituzione che tenga conto delle varie realtà all’interno del Paese dal punto di vista etnico e religioso. Il secondo è che all’interno dei gruppi militari armati di matrice islamista che hanno determinato la caduta del regime di Assad, alcuni potrebbero essere tentati dalle sirene del fondamentalismo. Il terzo, forse il più importante, è che, nonostante l’oggettivo indebolimento subito negli ultimi anni, lo Stato Islamico non solo non ha mai cessato di esistere, ma ha continuato a reclutare nuovi adepti, soprattutto in Iraq, altro Paese dove, caduto il dittatore, è scoppiato il caos.
Il ritiro delle truppe americane e la reazione israeliana all’eccidio del 7 ottobre, secondo alcuni esperti americani, avrebbe avuto come immediata conseguenza una nuova ondata di reclutamenti da parte dell’organizzazione criminale di matrice islamista, che nella scelta di ‘nuove leve’ avrebbe fatto perno proprio sul tradimento del popolo palestinese da parte del mondo arabo. Un copione che può essere facilmente ripetuto in Siria. Il leader della rivolta, Abu Muhammad al-Jolani, ufficialmente, è proprio un pentito dello Stato Islamico, essendo stato in passato un seguace di al-Bagdhadi. Anche dal punto di vista territoriale, l’Isis non è ancora scomparso. Conserva una striscia sottile a nord del Paese, a poca distanza dalla vecchia ‘capitale’ Raqqah e qualche possedimento vicino al confine con l’Iraq.