Confermata la condanna a morte per Pakhshan Azizi, attivista curda 40enne detenuta nell’ala femminile della prigione Evin di Teheran. La stessa nella quale era stata rinchiusa la giornalista italiana Cecilia Sala.
Dopo questa sentenza, c’è grande preoccupazione per la sorte dell’attivista curda. La quale era stata stata condannata a morte a giugno per essere stata ritenuta colpevole di "ribellione" in seguito all'arresto avvenuto nell'agosto del 2023. Il suo avvocato Amir Raisian aveva presentato ricorso alla Corte Suprema, ma "purtroppo, nonostante i numerosi difetti del caso, il ricorso è stato respinto e la condanna a morte è stata confermata". Raisian ha affermato che presenterà una richiesta per un nuovo processo.
Azizi è accusata di far parte di gruppi armati curdi fuorilegge che operano nella regione, ma i suoi avvocati hanno negato qualsiasi legame con le organizzazioni. Amnesty International ha definito il processo a Pakhshan Azizi "gravemente ingiusto", descrivendola come un'operatrice umanitaria e attivista della società civile che dal 2014 al 2022 ha aiutato donne e bambini nei campi nel nord-est della Siria e nel nord dell'Iraq sfollati dai territori controllati dallo Stato islamico. L’associazione ha raccontato che la donna è stata sottoposta a "sparizione forzata" e a "torture e altri maltrattamenti durante gli interrogatori".
"Esprimo profonda preoccupazione per la situazione di Pakhshan Azizi, attivista curda che è detenuta nell’ala femminile della prigione di Evin a Teheran, dove fino a pochi giorni fa era tenuta in isolamento la nostra connazionale Cecilia Sala: un luogo tristemente noto per le violazioni dei diritti umani" afferma Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e Parlamentare di Avs.