Lunedì 30 Settembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Iran: “Se non cambia la Guida Suprema Ali Khamenei tutto resterà uguale”

Secondo l'attivista dei dritti umani e scrittrice Pegah Moshir “Il regime non vuole una guerra diretta perché non la potrebbe reggere. Pezeshkian farà quello che Khamenei gli dirà di fare

Roma, 30 settembre 2024 – "Le scelte rilevanti sono sempre in mano alla guida suprema Ali Khamenei. Ci inganniamo se pensiamo che il nuovo presidente Masoud Pezeshkian, sebbene più moderato rispetto a Raisi, abbia un’autonomia e possa incidere e portare l’Iran su una strada riformista. La risposta è purtroppo no. Non c’è una vera competizione tra riformisti e radicali. La sua elezione è solo una trovata del regime per gettare fumo negli occhi e lui farà quello che Khamenei gli dirà di fare, non altro. È lo specchio di Ali Khamenei. Più presentabile, certo, ma sempre lui. E gli iraniani lo sanno". Così la scrittrice Pegah Moshir, autrice di ‘La notte sopra Teheran’ e attivista dei dritti umani.

Pegah Moshir
Pegah Moshir

Il presidente Pezeshkian sembra però essere contro la guerra con Israele, che invece i falchi invocano. Un differenza c’è.

"È un gioco delle parti. Non è che il regime iraniano non vuole la guerra. Non se la può permettere, perché sa che la perderebbe, sa che il confronto con Israele sarebbe distruttivo. Non vuole una guerra diretta perché non la potrebbe reggere".

Niente guerra con Israele, nonostante l’abuso di retorica?

"Teheran non inizierà, almeno di sua sponte, una guerra contro Israele. Khamenei manda avanti Pezeshkian e i sedicenti moderati per dirlo, mentre l’apparato militare, su ordine della Guida Suprema, usa parole di vendetta ma si astiene accuratamente da azioni offensive nonostante gesti per lui molto provocatori come l’uccisione del leader di Hamas proprio a Teheran. Il regime non si vuole suicidare".

Ma il sistema di potere iraniano è irriformabile?

"Se non cambia la Guida Suprema non cambierà mai nulla in Iran. E la Guida Suprema e il sistema di potere teocratico di cui è espressione, è chiusa a riccio ma salda, nonostante la maggioranza della popolazione e la quasi totalità dei giovani fino ai 35 anni, che sono il 70% degli iraniani, voglia una apertura alla modernità, voglia diritti umani, sviluppo e pace".

Di sicuro le rivolte di piazza, sono state represse e l’opposizione è stata schiacciata.

"I giovani, le donne, ci hanno coraggiosamente provato ma la repressione, una repressione brutale, ha inciso la carne viva della gente, con uccisioni, torture, stupri e la reiterata negazione dei diritti più basilari. Il paese è ferito, in ginocchio. A parte la nicchia di chi fa parte dei circoli del regime, naturalmente".

Il presidente israeliano Netanyahu ha mandato un messaggio agli iraniani dicendo che "saranno liberi prima di quanto credano". Che voleva dire?

"Non so a cosa si riferisse. Se fosse un attacco militare israeliano contro l’Iran, penso che non farebbe che attizzare i radicali sciiti e i Guardiani della Rivoluzione, rendendo il regime sempre più estremista e repressivo. E’ proprio quello che i radicali vogliono. E se Netanyahu pensa che il regime cadrà per i colpi inferti a Hezbollah o ad Hamas, penso che sarà deluso".

Cosa può far cadere il sistema teocratico allora? Se c’è qualcosa…

"Il futuro dell’Iran lo possono plasmare solo gli iraniani che sono dentro l’Iran. Le rivoluzioni vengono fatte dal popolo e hanno bisogno di tempo. Il paese è come una pentola a pressione, la gente non ce la fa più. Prima o poi si arriverà allo scoppio. Adesso sembra una prospettiva molto lontana, dopo le reiterate repressioni, ma chissà. La speranza dei giovani iraniani non è morta, ma cova sotto la cenere".