Tel Aviv, 9 agosto 2024 – Dieci mesi dopo la grave e dolorosa sorpresa patita da Israele di fronte al blitz di Hamas da Gaza, Benjamin Netanyahu ha espresso "rammarico" per l’accaduto. In una intervista al Time , che voleva sapere se intendesse scusarsi con gli israeliani, il premier ha risposto: "Certo. Mi rammarico, profondamente, che una cosa del genere sia accaduta. Bisogna sempre guardarsi indietro e chiedersi: avremmo forse potuto fare qualcosa per prevenirlo?". Nel testo ha comunque preferito menzionare mancanze altrui. Il suo errore principale – ha confidato – è stato l’aver accettato la riluttanza del suo gabinetto di sicurezza di andare per tempo ad un confronto aperto contro Hamas. "Il 7 ottobre ha dimostrato che quanti pensavano che Hamas temesse il nostro deterrente si sbagliavano. Non ho sfidato a sufficienza quella che era la visione comune di tutte le nostre agenzie di sicurezza".
Netanyahu ha inoltre addossato una parte delle responsabilità del 7 ottobre alle proteste, anche da parte di riservisti, contro la profonda riforma istituzionale da lui avviata nel gennaio 2023. "Il rifiuto di prestare servizio a causa di un dibattito politico interno – ha osservato – penso che abbia avuto un effetto": ossia che abbia incoraggiato i nemici di Israele a passare all’attacco. Concepita per accrescere il sostegno verso Israele in un momento critico della politica negli Stati Uniti, l’intervista ha avuto un effetto molto diverso in Israele. Come nei mesi passati, è stato fatto notare, il premier non ha ritenuto opportuno condividere i propri pensieri più intimi con esponenti di mezzi di comunicazione israeliani, che lui invece sistematicamente ignora. "Bibi evita la stampa locale – ha polemizzato Nadav Eyal, un columnist di Yediot Ahronot – per schivare domande difficili ed approfondimenti". Diversamente da quanto affermato a Time, a Yediot Ahronot risulta ad esempio che Netanyahu ricevette dallo Shin Bet, la agenzia incaricata di analizzare la situazione fra i palestinesi, un serio avvertimento che Hamas progettava la sua ‘guerra di indipendenza’ e che non temeva più Israele.
Malgrado la gravità delle condizioni in cui è sprofondato il Paese, con milioni di persone in ansia nel timore di imminenti attacchi degli Hezbollah e dell’Iran, Netanyahu ha previsto che resterà ancora al timone della Stato ebraico "fin quando potrò dirigerlo verso un futuro di perdurante sicurezza e di prosperità e fino alla vittoria". Dal Libano sono giunte ieri minacce severe da fonti vicine agli Hezbollah. La ritorsione per la uccisione del comandante militare Fuad Shukr è imminente e ora si attende solo che compaia "un obiettivo cospicuo". Una allusione forse ad un possibile attentato contro un dirigente di Israele, oppure alla evenienza di un attacco al Ministero della Difesa a Tel Aviv. Qualora ci fossero perdite civili, ha avvertito Netanyahu, "la nostra reazione sarebbe sproporzionata".
E su X il ministro della Difesa Gallant si è rivolto in arabo ai cittadini libanesi. Israele, ha sostenuto, anela ad un buon vicinato, ma reagirebbe con irruenza ad un attacco in grande stile degli Hezbollah. Ieri a Tel Aviv, è giunto per la seconda volta in pochi giorni, il generale Erik Kurila, comandante delle forze americane nella regione, che è impegnato ad organizzare con Paesi arabi moderati un sistema protettivo contro possibili attacchi dall’Iran o dallo Yemen. I loro sistemi radar sono in grado di dare ad Israele un preavviso importante per parare una offensiva, come appunto avvenne nell’attacco iraniano del 13 aprile.