Roma, 31 ottobre 2023 “Siamo in balia delle bombe, viviamo nella paura, nella fame. Non c’è il lusso di un futuro, solo un presente di terrore. Aiutateci a far finire tutto questo". Così un operatore umanitario della ong milanese e bolognese WeWorld, attiva in 27 Paesi tra cui uno stato che non c’è: quello Palestinese. Ha una sede con 11 locali e un espatriato. Per ragioni di sicurezza l’operatore contattato, che si trova nella Striscia, chiede di non essere identificato.
Che significa passare la notte sotto le bombe?
"Questa volta è molto più difficile che nelle altre altre guerre. Semplicemente, non ci sono rifugi. Le persone escono di casa e restano all’aperto, se sono state avvisate prima. Ma solo alcune persone, diciamo fortunate, ricevono un razzo d’avvertimento sul tetto della casa. Gli altri vengono bombardati e basta. Quando attaccano, alcuni si riparano sotto le scale, nel seminterrato o sotto le parti in cemento più solide, ma non serve a niente quando si riceve un bombardamento massiccio. È come stare all’aperto, anzi, sei pure sepolto dalle macerie".
Non è possibile fuggire al sud della Striscia?
"Dall’inizio della guerra ho trascorso alcuni giorni a casa, nel nord: a breve abbiamo finito le riserve d’acqua, siamo rimasti senza elettricità e così siamo stati costretti a fuggire nella zona centrale, a sud di Wadi Gaza, con altre migliaia di persone".
Adesso dove siete?
"Io e la mia famiglia abbiamo cercato rifugio in una delle scuole dell’Unrwa, che era già strapiena. Adesso ci siamo rifugiati con molti parenti in un edificio, siamo circa duecento, speriamo di non dover affrontare di nuovo la realtà di lasciare il nostro rifugio o di ricevere un missile. È davvero sovraffollato, non ci sono quasi bagni. Le persone sono sedute, aspettano, sperano di vedere i loro parenti dispersi, qualcuno gioca con i bambini per distrarli, dopo che hanno passato una notte di paura. Qualcuno piange i parenti uccisi negli ultimi giorni, c’è scoramento".
E gli altri profughi dove vengono sistemati?
"In linea di massima si trovano nelle scuole, per lo più quelle dell’Unrwa, oppure in tende montate dall’Onu o dalla Mezzaluna rossa palestinese fuori dalle scuole. O dove capita".
Come fate per il cibo? Nel nord di Gaza ci sono stati anche saccheggi.
"La gente fa quello che può per avere queto serve per sopravvivere. Comprare cibo è una sfida ogni giorno. Servono contanti. E anche se ce li hai, i negozi sono praticamente vuoti. Tutto a Gaza dipende da ciò che entra da fuori e i valichi sono chiusi ormai da più di 3 settimane. Dopo l’apertura parziale di Rafah, una piccola quantità di cibo viene distribuita dall’Onu, dalla Mezzaluna rossa palestinese o da poche ong. I bisogni sono enormi e quello che viene distribuito è quasi nulla. Finora noi non abbiamo ricevuto nulla".
Come fate per l’acqua?
"Per trovare l’acqua bisogna camminare a lungo, per raggiungere uno dei punti di rifornimento. Fare su e giù per quattro o cinque volte al giorno, temendo che un razzo ci colpisca. E poi va bollita perché è contaminata".
E l’elettricità?
"Le nostre notti sono ancora più buie di prima. Non c’è più carburante per far funzionare i generatori che abbiamo a casa, alcune persone si affidano ai pannelli solari, ma la maggior parte sono danneggiati dai bombardamenti. Alcuni usano la batteria delle auto per caricare i telefoni, per comunicare con i parenti in altre parti della Striscia. Ma ogni giorno è più difficile sopravvivere. Per favore, fate presto".
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