Roma, 23 maggio 2024 - I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti hanno confermato il secondo caso di influenza aviaria nell’uomo. Il soggetto contagiato è un uomo del Michigan che lavora in un allevamento di mucche all’interno del quale numerosi animali sono stati colpiti dal virus A/HN51.
L’infezione è stata accertata dai test eseguiti dai CDC. Dal paziente sono stati prelevati due campioni di materiale biologico, uno dal naso e uno dagli occhi. Il campione nasale è risultato negativo al test del virus dell’influenza aviara, mentre A/HN51 è stato rilevato nel campione oculare, fanno sapere i CDC in una nota. Come nel primo caso umano, quello di un allevatore del Texas, il paziente presentava solamente una congiuntivite che è guarita in breve tempo.
Le autorità sanitarie statunitensi hanno deciso di non modificare il livello di rischio per la popolazione, che rimane basso, mentre i CDC hanno diffuso alcune linee guida e raccomandazioni per migliorare la prevenzione e limitare i contagi: evitare di avvicinarsi o toccare degli animali morti (comprese le mucche e i volatili), evitare l’esposizione a feci, lettiere, non bere latte crudo, non toccare materiali o oggetti che sono stati a contatto con animali infetti o sospetti di esserlo. Le raccomandazioni, che prevedono anche l’uso di dispositivi di protezione individuale, sono rivolte soprattutto ai lavoratori del settore caseario e degli allevamenti di bovini. Fra le mucche degli Stati Uniti è infatti, da tempo, in corso una epidemia di influenza aviaria. Le autorità sanitarie, infine, hanno emesso un avviso di allerta sanitaria sull’identificazione dell’infezione umana e rafforzato le attività di sorveglianza mirata su A/HN51.
In Italia sul caso è intervenuto Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive all'ospedale policlinico San Martino di Genova che ha lanciato l’allarme: “Ho paura che questo secondo caso sia solo la punta dell’iceberg. Chi ha studiato questo fenomeno, come Ilaria Capua, sa bene che da 20-25 anni questo virus non ha nulla di aviario ed è presente nei mammiferi e negli esseri umani. Dobbiamo attrezzarci perché negli animali è già pandemico. Per quanto riguarda la trasmissione da uomo a uomo non è questione di se, ma di quando”.