Atene, 29 luglio 2018 - Glielo avevano anticipato. Preparandolo, un paio di giorni fa, all’evenienza che le sue piccole a casa non sarebbero più tornate: «Deve aspettarsi il peggio». Frasi come colpi di fucile indirizzati al cuore, quelle delle autorità elleniche alle prese con la conta dei morti carbonizzati dai roghi divampati lunedì scorso nelle zone di villeggiatura a est di Atene. Ma Yiannis Philippopoulos, il papà delle due gemelline di 9 anni, Sofia e Vasiliki, scomparse nella zona di Rafina, località balneare anch’essa devastata dagli incendi che hanno messo in ginocchio la Grecia, ha continuato a crederci. Nonostante tutto, con una forza di volontà più forte della tragedia, in una speranza che si è arresa solamente davanti all’evidenza sbattutagli in faccia dalla scienza. È stato il Dna, con i suoi test, a stabilire che Sofia e Vasiliki non ce l’avevano fatta, come le altre 86 persone uccise dal fuoco di lunedì.
I corpi delle due piccole sono stati identificati venerdì sera, poche ore dopo che i genitori avevano fornito effetti personali e materiale supplementare per le analisi del Dna all’istituto di Medicina legale dell’università di Atene. I cadaveri delle due bambine erano fra le 26 persone trovate morte martedì mattina sulla sommità di un’altura a picco sul mare. Entrambe erano abbracciate ai nonni, morti pure loro in quel terreno verso il quale erano scappati nel tentativo di raggiungere l’acqua, ma che si è invece trasformato in una gabbia letale. La storia delle due piccole date per disperse aveva fatto il giro del mondo. In un primo momento il padre, un pescatore, aveva detto di averle riconosciute in alcune riprese televisive che mostravano sopravvissuti trasportati a riva da una barca. La famiglia aveva addirittura ingaggiato un investigatore privato per rintracciarle, nella convinzione che fossero vive e se ne fossero perse le tracce dopo il salvataggio della barca. Ma la verità, purtroppo, era un’altra. Tutto questo mentre la tragedia aggiorna ora dopo ora la conta dei morti: 88, stando all’ultimo bollettino ufficiale diramato dalle autorità greche. Cinquanta i feriti ancora ricoverati in ospedale, decine i dispersi. Nel frattempo cominciano ad emergere nuovi particolari sugli incendi. Secondo le prime indagini, le fiamme sono state appiccate da piromani. Decine di roghi sono divampati all’incirca nello stesso momento in parti diverse dell’Attica.
La Potezione civile ha contato «almeno 45 incendi di grande entità, senza contare i focolai spuntati subito dopo ovunque». Il portavoce della Protezione civile greca, Spyros Georgiou, ha dichiarato che la gran parte delle case distrutte «sorgeva in aree a rischio incendi» e che la Protezione civile dirama ogni anno le linee guida per la prevenzione, che sono «obbligatorie da seguire». Parole che lasciano intendere che alcune delle municipalità hanno disatteso la normativa, «che si applica anche ai singoli proprietari». Le cause dei decessi sono per la gran parte direttamente collegate al fuoco. Altre persone hanno perso la vita annegate in mare dove cercavano scampo dal fuoco. I sopravvissuti raccontano di aver passato «4-5 ore in acqua», con il mare divenuto rosso vivo per il bagliore delle fiamme.