Venerdì 15 Novembre 2024
RITA BARTOLOMEI
Esteri

Incendi dalla Siberia all'Oregon: le foreste bruciano. "Pericolo aria tossica"

Motta, presidente Sisef: "Quello che ci deve preoccupare è se aumentano frequenza e intensità di questi episodi". La cappa di foschia su New York e il problema della qualità dell'aria

La Siberia brucia (foto Greenpeace Russia)

La Siberia brucia (foto Greenpeace Russia)

New York, 21 luglio 2021 - Il bosco brucia, dalla Siberia all'Oregon, con il Bootleg Fire. Mentre New York ieri è stata ricoperta da una foschia grigio fumo, provocata proprio dagli incendi, e i servizi di protezione ambientale hanno diffuso uno stato d'allerta per la qualità dell'aria. Mentre sono più di duecento gli incendi boschivi divampati nella Russia nord orientale, in Yakuzia, su un'area vasta almeno un milione e mezzo di ettari.

Renzo Motta, presidente della Sisef e professore al Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari dell'Università di Torino. Cosa sta accadendo? "Il bosco ha sempre bruciato, non ce ne siamo mai accorti. Ma sicuramente negli ultimi decenni sono aumentati i periodi siccitosi che creano le condizioni per lo sviluppo degli incendi, quindi sono aumentati anche gli incendi. In Siberia  ci sono sempre stati. In Alaska e in Canada ogni anno bruciano milioni di ettari, sono processi naturali". Spieghi. "Le foreste boreali crescono fino a quando arrivano a una biomassa critica. In media, ogni duecento anni la foresta brucia. Gli inneschi possono essere i fulmini. Questo è un processo conosciuto. Poi gli eventi possono essere accentuati dalla siccità e dall’azione dell’uomo. Naturalmente dobbiamo mettere in conto l'aumento delle temperature e la variabilità climatica". Parlava di  frequenza.  "Il tema è proprio questo. L’accentuazione di fenomeni che sono naturali ma che oggi avvengono più spesso che in passato". Da New York alla Siberia stiamo respirando un'aria pessima. "Questo è uno dei problemi principali. Perché gli incendi sviluppano polveri sottili che sono la cosa più pericolosa per la qualità dell’aria. Nel 2017, dopo i roghi in Val di Susa, Torino per un mese fu coperta da una cappa di fumo". Dobbiamo preoccuparci? "Diciamo così.  Le foreste esistono perché ci sono gli incendi e viceversa. Da noi si vede meno, da duemila anni è l’uomo che controlla il fuoco. Nel nostro immaginario collettivo il rogo è un elemento esterno che uccide il bosco. In realtà, il fuoco e il bosco sono quasi alleati. Ci sono specie che vivono dove passa il fuoco, disseminano solo in quel momento, approfittando del suo passaggio per potersi riprodurre. Quello che ci deve preoccupare è se aumentano frequenza e intensità di questi episodi. Perché, che ci piaccia o no, abbiamo modificato il clima come non era mai successo in passato. Per cui non sappiamo quale sarà la reazione di queste foreste a una maggiore frequenza degli incendi. Quindi c’è una sovrapposizione di processi naturali e aumento della frequenza degli episodi provocati dal cambiamento climatico”.