Roma, 3 agosto 2024 – "Mia figlia è una ragazza, è stata allevata come ragazza, l'ho allevata perché lavorasse duro e fosse coraggiosa". Lo ha detto il padre di Imane Khelif dalla sua casa di Tiarat in Algeria, parlando accanto agli altri figli e fratelli di Imane. Omar Khelif segue da lontano il percorso della figlia che oggi, alle Olimpiadi, al termine di tre riprese che si sono svolte regolarmente, nei quarti di finale del torneo di di boxe, categoria - 66 kg donne, ha vinto ai punti il match contro l'ungherese Anna Luca Hamori.
Omar: “Mia figlia è un esempio di femminilità algerina”
Ripensando al caso Carini, papà Omar si toglie un sassolino dalla scarpa: la rivale italiana è "stata incapace di batterla perché mia figlia era più forte e lei meno brava. Imane è un esempio di femminilità algerina, una eroina, se piace a Dio ci farà vincere l'oro e innalzare la bandiera algerina a Parigi, è lo scopo che ci siamo posti dall'inizio. Io l'ho allevata perché fosse coraggiosa e decisa” ribadisce papà Khelif, quasi a voler giustificare lo sprezzo per la fatica della figlia Imane, una dura. E non perché iper-androgina, a causa degli alti livelli di testosterone nel sangue, ma perché ci vuole coraggio a essere donna e povera in Algeria. Sicuramente più coraggio di quanto ce ne voglia a crescere nei benestanti e democratici paesi europei, dove la libertà è un vessillo, almeno a parole, date le troppe impietose invettive omofobe che hanno accompagnato il caso Carini-Khelif.
Quando Imane vendeva il pane per strada
Ma torniamo alla piccola Imane, la bambina che vendeva il pane per le strade del suo villaggio per portare qualche soldino a casa e che mai avrebbe immaginato di diventare una pugile, come ha raccontato lei stessa in una lunga intervista a Canal Algerie. “Vengo da una regione e da una famiglia conservatrice – aveva detto Imane ai microfoni dell’emittente algerina –. Mi capitava di vendere il pane per strada, di raccogliere piatti e altri oggetti per guadagnare soldi e potermi muovere perché venivo da una famiglia molto povera. La boxe era uno sport riservato agli uomini". Parole che fanno pensare per un attimo alla battaglia di Giorgio Misinini per il libero accesso degli uomini ad alcuni sport tradizionalmente riservati alle donne. Ma quella è un’altra storia.
Torniamo ai Khelif. Papà Omar ha seguito da lontano la triste polemica sportiva, e soprattutto politica, con l'accusa per l'algerina di essere troppo forte, o meglio troppo mascolina. E non è mancato chi, senza troppi giri di parole, l'ha addirittura accusata di essere un “uomo sotto mentite spoglie”. Ma il padre preferisce non parlare della condizione medica della figlia, che le farebbe avere livelli fuori norma di testosterone. Ribadisce soltanto: "Mia figlia è una ragazza, è stata allevata come ragazza”.
L’allenatore: “Critiche per distrarla dall’obiettivo olimpico”
Politica e spirito di rivalsa giocano anche sul fronte algerino. Nella palestra dove Imane ha cominciato ad allenarsi, il Club per la Difesa Civile e lo sport, sono tutti con lei. "Le auguriamo il meglio, è l'atleta che ci fa sentire orgogliosi" dice la 17enne Zohra Chourouk. "È il nostro modello, non dimentichiamo che è partita da qui". È con lei anche l’allenatore del club, Abdelkader Bezaiz, che ne approfitta per inviarle messaggio in vista delle semifinali: "Non deve preoccuparsi di queste critiche sui social, è chiaro che vogliono solo confonderla e farle scordare perché è alle Olimpiadi". Forse Bezaiz non ha del tutto torto. Di certo la grande polemica intorno alla pugile iper-androgina non può essere derubricata a questione meramente sportiva.