Berlino, 17 luglio 2021 - La giacca del pompiere è una biglia gialla trascinata dal fiume di fango. Non ci sono più strade. Nessuna differenza tra salvatori e salvati. Bisogna afferrarlo mentre passa come un motoscafo rotto in mezzo ai palazzi, prima che la corrente lo porti via. E ci pensano loro, uomini e donne sotto inutili ombrelli, scesi da casa con gli stivali da pescatore. Le donne soprattutto. Anche anziane. Non si tirano indietro. Sono in missione per conto di tutti, fanno diga assieme per dare soccorso a chi doveva soccorrerle.
Alluvione in Germania: oltre 130 morti. In Belgio le vittime sono più di 20
Atena, Germania nord orientale. Incombe lo stesso cielo a matasse nere e grigie che sta portando distruzione a Ovest. Chi può camminare, tenere in mano una pala o lanciare una fune si arruola volontariamente. Altri due vigili del fuoco sono morti sul campo, la task force improvvisata lo scoprirà nel telegiornale della sera se tornerà la corrente. Ma lui è vivo, preso per la collottola, improvvisamente dalla parte di quelli che resistono. Una piccola storia senza smancerie da raccontare quando tutto sarà passato, da archiviare con una pacca sulla spalla adesso che conta solo il presente. Nell’antica Treviri, sulla destra della Mosella, a 15 chilometri dal Lussemburgo, sono nati Karl Marx e Sant’Ambrogio e a nessuno dei due si può rivolgere una preghiera perché almeno i più fragili vengano risparmiati. Non funziona così. Leopardi aveva immaginato una bella chiacchierata con la Natura e lei era stata chiara: la sorte degli uomini mi è indifferente.
A Treviri si gonfia il Kyll, parente della Mosella che poi lo accoglie: in cento anni non si era mai vista una cosa del genere. Sono costretti a evacuare 125 persone da una casa di riposo e ottanta dall’ospedale, fra i quali pazienti appena operati. Profanata la vecchiaia, la malattia. Indifferenti, appunto, il cielo e la terra. In combutta involontaria mentre gli anziani perdono l’ultimo punto di riferimento (una minestrina) e i convalescenti scappano con la flebo al braccio.
Ci sono rovine dappertutto. Non c’è più luce, non c’è fame e non c’è sete. Le alluvioni si assomigliano tutte. Sono scariche di adrenalina che azzerano i bisogni e riportano la gente ai fondamentali del terrore e del coraggio. Sorelle del terremoto, del ghiaccio e della bestia feroce. E gli uomini sempre lì, inermi e primitivi, convinti di essere stati traditi dal cemento e dai telefonini.
Prima o poi tutto torna a spaventarci, nel caos di un villaggio nepalese o dentro la logica apparente della ’Land der Dichter und Denker’, la terra dei poeti e dei pensatori. Con le stesse pupille dilatate dei fiorentini o della gente delle Langhe i tedeschi alzano gli occhi al cielo: cosmo in greco significa ordine, invece guarda qui. Tutto distrutto, divelto, spappolato.
La storia è nota, il mea culpa tardivo: non puoi piastrellare i prati di calcestruzzo senza pensare che un giorno o l’altro farà da tappo e la pioggia sarà chiamata assassina. Guarda l’Inde. Un piccolo fiume da cinquanta chilometri, non di più, che attraversa il Belgio e la Renania settentrionale-Vestfalia, di solito fotografato mentre lambisce la monumentale centrale elettrica di Weisweiler. Fu deviato nel 2005 senza troppi complimenti per favorire l’attività di una miniera di carbone a cielo aperto. E adesso si riprende il suo corso con gli interessi perché la natura si cura da sola e giustamente se ne frega.
L’islandese delle Operette Morali ha preso appunti. Immaginavate forse che il mondo fosse fatto per voi? Quando vi offendo non me ne accorgo. E "se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei".
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