La sinagoga centrale di Milano è gremita; all’ingresso pannelli che riportano esternazioni anche di personalità della cultura e prelati su concetti come "lobby ebraica", e le foto degli israeliani portati a Gaza dai terroristi di Hamas il 7 ottobre 2023, sei mesi fa. Dentro, un volantino per ciascun banco col volto di uno dei 130 ("E non sappiamo se sono ancora 130", osserva il vicepresidente dell’Ucei Milo Hasbani) e una parola precisa: "Non sono ostaggi, sono rapiti – scandisce il rabbino capo Alfonso Arbib –. Violentemente presi dalle loro case. Le foto dei rapiti sono state strappate dappertutto nel mondo e sin dall’inizio", cioè molto prima che cominciassero i devastanti blitz dell’esercito israeliano a Gaza.
In sinagoga c’è la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, ma ci sono anche altri rappresentanti delle istituzioni, politici di quasi tutti i partiti e uomini di altre fedi come l’imam Yahya Pallavicini e il delegato dell’arcivescovo di Milano, a dare solidarietà alla comunità ebraica. "Grazie per essere qui – dice Arbib –.
Stiamo vivendo un periodo estremamente difficile, forse il peggiore della storia ebraica dopo la seconda guerra mondiale, sicuramente che io abbia vissuto. Abbiamo un aumento molto significativo di antisemitismo, e ci sentiamo soli".
Sull’antisemitismo, osserva, "veniamo accusati di esagerare. Alcune migliaia di anni di storia ci fanno capire che non esageriamo e altre cose. Molti hanno dimenticato il 7 ottobre, altri ne parlano senza emozione. C’è un odio antico. E ogni volta che il mondo ha considerato questo odio irrilevante noi ebrei siamo andati incontro a cose orribili".
In sinagoga convivono opinioni diverse sull’operato del governo Netanyahu, ma è condivisa la sensazione che in corso ci sia "anche una guerra mediatica, sui social, e non sta volgendo a favore di Israele", osserva il vicepresidente della Comunità ebraica di Milano Ilan Boni. Nelle università, ricorda Anna Tognotti dell’Unione giovani ebrei d’Italia, "anche noi stiamo combattendo una battaglia non violenta. Quando dobbiamo nascondere le nostre abitudini, rivedere le nostre amicizie e non ci sentiamo sicuri".