Roma, 9 novembre 2024 – Un discorso che pare un guanto di sfida all’Occidente, soprattutto agli Stati Uniti, fatto da un presidente che utilizza questo tipo di narrazione dal 2007. Durante lo speech al forum Valdai, Putin ha parlato della lotta "per un nuovo ordine mondiale. Un mondo in cui l’Occidente dovrà rinunciare al suo monopolio". "Non è una tesi nuova – spiega l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci (foto in alto) –. E fa parte di un tentativo piuttosto evidente da parte di Putin e di vari leader di altri Paesi del cosiddetto Sud Globale di contrapporsi all’Occidente. Fa parte di quella narrativa utilizzata anche per giustificare l’aggressione militare all’Ucraina".
Mosca, insomma, da carnefice cerca di passare come vittima. Putin ha accusato Washington e i suoi alleati di voler "infliggere una sconfitta strategica alla Russia o ridurla a un ruolo marginale". "Si tratta di una lettura molto personale – continua l’ambasciatore Nelli Feroci –, che Putin utilizza soprattutto quando deve ricordare le conseguenze delle espansioni verso est della Nato. Il presidente russo non tiene conto del fatto che l’ingresso nell’Alleanza Atlantica di Paesi che avevano fatto parte dell’Unione Sovietica o del Patto di Varsavia non è stata un’imposizione dell’Occidente, ma una richiesta pressante di Paesi che erano usciti ormai da qualche anno da un rapporto molto pesante con Mosca e che continuavano a vedere la Russia di Putin come una minaccia esistenziale per la loro sicurezza. Diciamo che c’è una lettura “ribaltata“ di uno sviluppo storico che porta Putin a dare una interpretazione errata e strumentale dell’allargamento della Nato".
Il capo del Cremlino è noto per citare i grandi autori della letteratura russa, anche se molti pensano che ne adatti il pensiero alla sua visione. Anche questa volta non si è smentito e a Valdai ha citato niente meno che Solženicyn, il celebre autore di Arcipelago Gulag, Premio Nobel nel 1970. "L’Occidente soffre di una cecità da superiorità" ha affermato Putin, che ha sottolineato come "le proposte della Russia per costruire la sicurezza collettiva sono state negate e buttate via". "Questo è un tema più delicato – puntualizza Nelli Feroci - e formulato in questi termini non è accettabile. Ma esistono sicuramente delle responsabilità dell’Occidente, che ha commesso errori a suo tempo in Vietnam e poi in Afghanistan, in Iraq, o anche in America Latina, sostenendo dei crudeli, violenti colpi di Stato. Non sempre l’Occidente è riuscito a fare un mea culpa, a riconoscere le proprie responsabilità e i propri errori".
E, alla fine, l’attacco frontale agli Usa, il nemico di sempre, che per Putin "non hanno nulla da offrire al mondo, se non il loro dominio, ricorrere a sanzioni e rivoluzioni colorate". Su questo punto, l’ambasciatore Nelli Feroci è perentorio. "Non è vero – spiega –. Gli Stati Uniti, anche con le loro responsabilità, restano un Paese protagonista che ha ancora molto da offrire alla comunità internazionale. Le rivoluzioni colorate sono poi un tema più complesso. Putin le interpreta come tentativi di colpi di Stato. Ma molto spesso sono l’espressione di una volontà popolare che si manifesta nei termini e nelle modalità che Putin non apprezza, soprattutto se avvengono in Paesi che nella sua ottica dovrebbero appartenere alla zona di influenza della Russia".