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Il refrain dell’indignazione ha nuovamente movimentato il teatro bellico libanese dopo il terzo episodio di razzi piovuti sulla testa dei militari italiani di Unifil in una settimana a Shama, base principale del settore Ovest. Ancora bombe, ancora feriti, ancora tensione, reazioni a valanga da destra a sinistra. I Caschi blu non sono l’obiettivo diretto degli attacchi, ma la forza di interposizione si trova tra l’incudine e il martello, al centro degli scontri tra esercito israeliano ed Hezbollah. Il risultato perverso è che prima gli uni e poi gli altri colpiscono a turno le postazioni Unifil indirettamente usate come copertura sul campo.
I due proiettili da 122 millimetri esplosi sulla base tricolore sono attribuiti a Hezbollah da parte del comando Unifil: "I razzi lanciati da Hezbollah o da gruppi affiliati hanno colpito un bunker e un’area logistica. Unifil esorta le parti ad evitare di combattere a fianco delle proprie posizioni. L’inviolabilità delle sedi e del personale delle Nazioni Unite deve essere rispettata. Colpire le forze di pace è una violazione del diritto internazionale e della Risoluzione 1701. Gli attacchi deliberati o accidentali alle forze di pace devono cessare. In questa situazione è sempre più difficile assistere la popolazione". Parole scontate, ma che non impressionano né l’esercito di Tel Aviv né i terroristi del Partito di Dio. "Il problema è che i Caschi blu unite in base alle regole d’ingaggio non possono fare altro che rifugiarsi nei bunker in caso di scontri tra le parti, come ora", spiega il generale Maurizio Fioravanti, già comandante della Folgore, delle Forze speciali e del Settore Ovest per Unifil in LIbano nel 2007. "Possono rispondere al fuoco solo se attaccati deliberatamente, inoltre, come ha ribadito il ministro della Difesa Crosetto, vanno cambiate le norme di impiego dei Caschi blu anche nel controllo del territorio. Per esempio non possono intervenire direttamente anche quando scoprono situazioni come un deposito di armi. Devono sempre coinvolgere l’esercito libanese che è quello che sappiamo".
Il governo non può far altro che alzare la voce. Eppure se non cambiano le disposizioni i peacekeepers hanno le mani legate. Dopo il ferimento dei quatto militari della Brigata Sassari la prima ad intervenire è stata la premier Giorgia Meloni. "Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di Unifil in Libano. Esprimo la solidarietà e la vicinanza mia e del governo ai feriti, alle loro famiglie e gratitudine per l’attività svolta dal contingente italiano. Tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti garantiscano la sicurezza dei soldati di Unifil e collaborino per individuare i responsabili".
Il ministro della Difesa Guido Crosetto fa capire che nella dinamica di ieri la base di Shama è stata usata come una sorta scudo in questo caso dagli israeliani che manovravano nei pressi di Shama mentre Hezbollah a sua volta ha azionato l’artiglieria senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. "Ho contattato la mia controparte libanese ribadendo che il contingente italiano di Unifil resta nel sud del Libano per offrire una finestra di opportunità alla pace e non può diventare ostaggio degli attacchi delle milizie. È intollerabile che ancora una volta una postazione delle Nazioni Unite sia stata colpita. Bisogna evitare che le basi Onu siano usate come scudo". Tutto vero, ma l’esercito libanese è una struttura debole, in un Paese ancora senza presidente e dove comandano le milizie. Si aggiungono le parole del ministro degli Esteri, Antonio Tajani: "Così come abbiamo detto a Israele di prestare massima attenzione a impedire che vengano colpite le nostre sedi lo diciamo con altrettanta fermezza a Hezbollah. Questa organizzazione non può pensare di giocare con le armi, se non le sanno usare facciano altro. Se pensano di continuare a far danni ai nostri soldati si sbagliano". Si fa sentire anche anche l’alto commissario Ue uscente Joseph Borrell: "L’attacco contro Unifil viola il diritto internazionale. Le incursioni devono cessare".