Venerdì 20 Dicembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Il caso degli inviati Rai. Putin apre un’inchiesta, la troupe torna in Italia: "Fatto il nostro dovere"

La decisione dell’ad Sergio: "Bisognava garantire la sicurezza dei giornalisti". Distrutto un ponte in Russia, ira di Mosca: sono state usate armi occidentali.

La decisione dell’ad Sergio: "Bisognava garantire la sicurezza dei giornalisti". Distrutto un ponte in Russia, ira di Mosca: sono state usate armi occidentali.

La decisione dell’ad Sergio: "Bisognava garantire la sicurezza dei giornalisti". Distrutto un ponte in Russia, ira di Mosca: sono state usate armi occidentali.

A 12 giorni dall’inizio della controffensiva degli ucraini nel Kursk russo, Mosca, in seria difficoltà sul fronte di guerra, va all’attacco dei giornalisti, in primis con gli inviati del TG1 Stefania Battistini e Simone Traini che hanno fatto uno scoop mondiale. Proprio ieri l’ad della Rai, Roberto Sergio, ha sorprendentemente annunciato di aver ritenuto, "esclusivamente per garantire sicurezza e tutela personale, di farli tornare temporaneamente in Italia".

Non sembra il modo migliore di difenderne il diritto a fare informazione né per riconoscere la bontà del lavoro fatto, ma in una nota l’azienda ha almeno sostenuto che "il reportage ha rispettato le norme del diritto internazionale sulla figura del reporter di guerra, che ha come solo scopo quello di testimoniare". Intollerabile per Putin che ha dato mandato all’Fsb di incriminare i due inviati. Detto, fatto.

"Il Servizio di sicurezza federale russo (Fsb) – ha informato un comunicato – ha aperto un procedimento e sta indagando per un caso penale ai sensi della Parte 3 dell’Articolo 322 del Codice penale russo contro i giornalisti stranieri Simone Traini e Stefania Battistini, accusati di aver attraversato illegalmente il confine della Federazione russa". L’Fsb ha anche fatto sapere che "sta effettuando una valutazione giuridica dei materiali che indicano la presenza a Sudza del corrispondente Nick Paton Walsh" della Cnn. Giornalisti nel mirino, quindi.

"Una brigata ucraina – ha ricostruito ieri Battistini al Tg1 delle 20 – ci ha scortato a Sudza, una città strategica. Lo abbiamo fatto indossando giubbotti antiproiettile ed elmetti con scritta press e con colori che ci differenziassero dai militari. Il corrispondente di guerra è una figura specificamente prevista dalla convenzione di Ginevra all’articolo 4, che prevede per i reporter una protezione rafforzata. Questo non ha salvato la vita a tanti giornalisti in questa guerra, che spesso sono anzi diventati bersagli. Ma era giusto poter raccontare questa parte della guerra, senza voler violare le leggi della Federazione russa ma pensando solo di seguire i fatti. Ci sembra importante esserci".

Evidentemente è risultato importante al contrario per i russi. Quando a farlo sono i blogger militari russi, a Mosca va benissimo. Quando lo fanno i giornalisti occidentali diventa un crimine. Ieri Mosca, furente per la distruzione del ponte sul fiume Seim, a nord di Glushkovo, ha anche protestato per l’uso di armi occidentali in Russia. "Per la prima volta la regione – si è lamentato il ministero degli esteri russo – è stata colpita da sistemi missilistici di fabbricazione occidentale, probabilmente Himars americani (in realtà è stata probabilmente una bomba Jdam americana, ndr). L’effetto è stato la distruzione completa del ponte, i volontari che stavano assistendo l’evacuazione della popolazione civile sono stati uccisi". Anche qui, quando le bombe su obiettivi civili e infrastrutture sono russe, ed è la norma, per Mosca non c’è notizia.