
Il primo ministro inglese Keir Starmer e il segretario alla Difesa John Healey davanti a un modello di sottomarino britannico
Per la Russia ci saranno "gravi conseguenze se dovesse violare qualsiasi accordo di pace", scandisce il premier britannico Keir Starmer al termine del vertice della Coalizione dei volenterosi a sostegno dell’Ucraina. Secondo il Guardian, ben 31 le delegazioni militari presenti a Northwood, Inghilterra (inclusa l’Italia). Il parto è assai travagliato: la nascente Multinational Force Ukraine (Mfu) – questo il nome della forza operativa anticipato dalla Bbc – avrebbe infatti lo scopo di "rassicurare" Kiev, non di condurre un’operazione di peacekeeping in senso stretto nelle ex aree contese. Questa, a grandi linee, è l’ipotesi che trapela. Con appena qualche dettaglio in più: 20mila uomini (meno dei 30mila inizalmente previsti) schierati non sui confini ma a protezione di città, porti e infrastrutture del Paese, con immaginabili garanzie per la difesa anti-aerea di Kiev e una task force navale sul Mar Nero.
Così mentre a Bruxelles – in sede Ue – si tratta e si litiga, a Londra – culla informale della Coalizione dei volenterosi – "la fase operativa" del sostegno all’Ucraina entra nel vivo. Perché "è vitale che il tempo della pianificazione sia ora, non ad accordo raggiunto", chiarisce Starmer affiancato dal ministro della Difesa John Healey. Sul piano diplomatico, questa acrobatica alleanza tra Paesi europei, monarchie del Commonwealth e non solo – appassionatamente pro Kiev – da un lato descrive il tentativo di superare il niet della Russia alla presenza di truppe europee in Ucraina; dall’altro alimenta l’ambizione di non creare solchi incolmabili con la posizione americana, e di legare in qualche modo al progetto anche l’Italia e i paesi sinora contrari all’invio di truppe in operazioni di peacekeeping (a meno di un chiaro mandato Onu).
Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron (personalmente ringraziato per il suo attivismo da molti leader presenti a Bruxelles) non fanno mistero dei rispettivi titoli per guidare il gruppo dei 31 paesi più sintonizzati con le ragioni e i bisogni dell’Ucraina aggredita. Francia e Regno Unito rappresentano due potenze nucleari e hanno eserciti particolarmente strutturati e rodati. Così, da ambizioso padrone di casa, il primo ministro britannico battezza la giornata dividendosi tra due studiatissimi set. Prima si reca alla base della Royal Navy a Barrow-in-Furness, estremo nord dell’Inghilterra, per il varo del sottomarino nucleare di ultima generazione Dreadnought (già autorizzato alle operazioni da re Carlo III in veste di capo dello Stato); poi, subito dopo, raggiunge il vertice dei volenterosi ospitato a Northwood, nella sede del Quartier generale delle forze armate britanniche, dal capo di stato maggiore della Difesa ammiraglio Tony Radakin. Ma anche la famiglia reale partecipa alla complessiva operazione di riaccreditamento e deterrenza, con la visita in Estonia del principe William: l’erede di casa Windsor passa in rassegna il contingente di Sua Maestà più consistente tra quelli all’estero, ai confini con la Russia. Russia che, secondo il ministro degli Esteri britannico David Lammy, non avrebbe alcun valido titolo per porre il veto a una "forza di pace".
"Stiamo lavorando a ritmo serrato perché non sappiamo se ci sarà un accordo, ma spero proprio che ci sarà", sottolinea Starmer: perché "se c’è un accordo, deve essere difeso", e perché già "in passato Putin non ne ha rispettati altri" privi di adeguate "garanzie di sicurezza". Un errore che la Coalizione stavolta vorrebbe tanto evitare. E da Bruxelles Macron firma lo slogan: "Una parola di cui il mondo ha bisogno: insieme".