Giovedì 21 Novembre 2024
GIOVANNI ROSSI
Esteri

I piani di Trump. Putin apre e lui risponde: "Sono pronto a parlargli"

Lo storico Alegi: il tycoon ha un anno e mezzo per dar corso alle promesse. In cima all’agenda pace, tagli fiscali e dazi. "Punterà a dividere la Ue" .

I piani di Trump. Putin apre e lui risponde: "Sono pronto a parlargli"

Una foto del primo mandato: Donald Trump firma una legge nello Studio Ovale

"Donald Trump ha un anno e mezzo per dar corso alle promesse. Perché poi partirà la campagna di Mid Term, saranno rinnovati tutta la Camera e un terzo del Senato. E già a fine 2026 la Casa Bianca potrebbe trovare molte opzioni sbarrate". Gregory Alegi, 61 anni, docente di Storia e politica americana alla Luiss, prova a delineare priorità e insidie del grande ritorno. Con agenda da approfondire.

TRUMP E LE GUERRE

L’affinità con Vladimir Putin si nutre di comuni valutazioni strategiche. "Sono pronto al confronto", ha detto proprio ieri lo zar lodando il nemico (ma non troppo), "vero maschio coraggioso" anche durante il recente attentato. "Nessuna sorpresa – commenta Alegi –. Ora vedremo le reazioni". E le reazioni, di Trump, sono arrivate immediatamente. In un’intervista alla Nbc il neo presidente degli Usa ha detto: "Non ho ancora parlato con Putin, ma penso che ci parleremo". "Trump – ricorda Alegi – condivide l’idea che le super potenze abbiano una sfera di influenza. Quindi non ritiene assurdo che la Russia voglia l’Ucraina fuori dalla Ue e dalla Nato". Come potrebbe tradursi questa visione nel conflitto in corso? "In una pace che fotografi la situazione, in cambio di garanzie a Kiev, magari degli stessi Stati Uniti". Trump? Le sue parole sull’Ucraina "meritano attenzione", del resto "una persona stupida e poco interessante non potrebbe ritrovarsi al vertice degli Stati Uniti". E l’affinità Trump-Netanyahu? "È persino più evidente. Ma Netanyahu bombarda Gaza e Libano a prescindere dall’ok americano. Quindi Trump, se davvero vuole fare finire la guerra, dovrà giocare altre carte. Riportare l’Arabia Saudita dentro gli accordi di Abramo con Israele non può prescindere dallo stop alle armi".

LOTTA ALL’IMMIGRAZIONE

"Attenzione – spiega Alegi –. La lotta all’immigrazione clandestina sbandierata in campagna elettorale non è una leva di così semplice e immediata attivazione. Non si parla più di muri al confine con il Messico, ma di catturare e rispedire a casa tutti i clandestini. Tradurre quello slogan sarà un’impresa, perché l’immigrazione clandestina è un reato federale e i tribunali federali hanno standard di garanzia piuttosto alti". Potrebbe verificarsi, con altre modalità, quanto sta accadendo oggi in Italia con il caso dei tentati trattenimenti in Albania per ora respinti dai giudici? "Sì. Anche negli Stati Uniti, quando si arriverà al punto, è immaginabile una serie di opposizioni e ricorsi. Certamente la Corte Suprema è a maggioranza repubblicana, ma gli elettori di Trump si aspettano espulsioni per direttissima: potrebbero sentirsi traditi".

ECONOMIA E TASSE

La "nuova età dell’oro" promessa dal tycoon si baserebbe su un riequilibrio dei rapporti di forza con il resto del mondo. "La parola chiave è dazi – sottolinea Alegi –. Dazi ancora imprecisati ma tendenzialmente applicabili ad ogni settore". Dall’elettronica ai salumi. Ma la retorica M.A.G.A. ora presenta un conto pesante. "Con l’immaginato flusso dei dazi Trump è arrivato a promettere l’abolizione di tutte le imposte federali: tutte!". Il risveglio dalla modalità spot potrebbe essere meno piacevole. Secondo Alegi, l’incognita principale è "la visione autoreferenziale, per cui gli Stati Uniti decidono e il resto del mondo si adegua e subisce in silenzio: evidentemente i rapporti economici non procedono così. In particolare la Cina, che è il principale concorrente, si difenderà con ogni mezzo".

LA QUESTIONE ’HILLBILLY’

E il risarcimento economico alla classe media bianca non laureata e impoverita? "È la vera domanda, perché il nocciolo duro dell’elettorato trumpiano non è finito ai margini per un calcolo perverso della politica, ma per gli effetti della globalizzazione e delle scelte competitive delle aziende americane che oggi, specie nel tech, sono imbottite di personale specializzato asiatico ed europeo. Ora è certamente possibile riportare in casa segmenti produttivi strategici, a partire dai semiconduttori. Ma non sono operazioni che creano in automatico posti di lavoro".

EUROPA E NATO

In una Ue forse mai così disomogenea e sfrangiata, gli Stati Uniti potrebbero tentare la carte del divide et impera. "Il futuro della Nato – secondo Alegi – ben rappresenta questa sostanziale tensione tra partner. Trump teorizza Stati Uniti isolati nella propria fortezza e indisponibili a pagare il conto più alto dell’alleanza. Finge di ignorare che è in base a questo patto politico e militare – sbilanciato nelle forze e nei costi – che gli alleati europei riconoscono la supremazia americana e ospitano basi nei propri Paesi. Cambiare potrebbe aprire una discussione più ampia".