Roma, 23 dicembre 2024 – Appurato che Taleb è uno squilibrato, un cane sciolto, l’errore più grave sarebbe tirare un sospiro di sollievo. È vero: lo psichiatra-psicotico dell’attentato di Magdeburgo non si è mosso nell’ambito di una strategia, come testa di ponte di un gruppo, terminale di una logica, di un Isis, un Hamas. No, purtroppo ha fatto tutto da solo, nel suo mondo al contrario di arabo anti arabo. Purtroppo, perché siamo nel campo dell’incontrollabile, dell’imprevedibile, molto più pericoloso di quello dei gruppi organizzati che si possono monitorare, infiltrare. È vero, i sauditi lo avevano segnalato e sui social circolavano, anche con successo, i suoi vaneggiamenti. Ma se un regime segnala un oppositore, la cosa puzza di rappresaglia; quanto ai social, l’estremismo e la demenza hanno una tale, libera, massiccia diffusione, che molti Taleb dovrebbero essere rinchiusi. O chiusi i social. Insomma, è giusto indagare sul mancato controllo di un soggetto a rischio, ma è altrettanto utile riflettere sul Dna di un caso che rischia di non restare isolato per i tanti fattori che lo alimentano.
A cominciare dal crogiolo impazzito del Medio Oriente, in cui anche all’interno del mondo arabo si azzerano certezze, punti di riferimento religiosi e militari, mentre si rinfocolano divisioni storiche, sanguinose, come quella tra sciiti e sunniti. Uno stato confusionale che rimbalza in Occidente, scuote e rimescola le comunità integrate, attraverso le tv e le lenti deformanti dei social, all’interno dei quali le rabbie, gli estremismi, trovano a loro volta spazio e ascolto. Fino ai Taleb, armi improprie contro le quali si può solo alzare la guardia, rinsaldando le difese nelle strade e scavando nelle caverne del web con l’intelligenza artificiale, capace di allineare ed elaborare milioni di dati, e dunque, forse, di prevenire, spegnendo questi ‘motori’. Prima che scoppino in un mercatino di Natale.