"Spesso tra noi traduttrici al telefono ci parlavamo in codice: non utilizzavamo mai i termini Harry e William o Carlo e Diana, ma dicevamo solo ‘il figlio’, ‘la madre’. Eravamo vincolate da un ferreo contratto di riservatezza con l’editore e pur non essendo terrorizzate abbiamo avuto molte accortezze perché l’attenzione sul libro era elevatissima. Neppure in famiglia sapevano: mio marito comprende, anche perché non era la prima volta che accadeva per una traduzione. Quando mi chiede cosa sto traducendo io rispondo ‘niente’ e lui capisce e sorride".
Oggi la modenese Sara Crimi, vent’anni di professione alle spalle, è probabilmente la traduttrice più nota in Italia avendo convertito dall’inglese all’italiano per Mondadori il bestseller mondiale del momento, 'Spare - Il minore', memoir del principe Harry. Il titolo è uscito in 16 lingue due giorni fa ed è stato un boom di vendite.
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Chi è il ghostwriter del principe Harry, J.R. Moehringer Crimi, ha tradotto il libro dell’anno. "Sì, giusto poco fa mi dicevamo che la gente a Londra era in coda dalla mezzanotte in attesa che aprissero le librerie e il primo giorno ha venduto 400mila copie solo l’edizione in inglese. È il libro di narrativa più venduto con i numeri di J. K. Rowling, Stephen King o Wilbur Smith".
Se lo aspettava? "Mi aspettavo il successo della pubblicazione, del resto scritta con il premio Pulitzer J. R. Moehringer. Quel che non mi aspettavo era questa attenzione verso il nostro team con le colleghe Laura Tasso di Varese, Valeria Gorla di Milano e Manuela Faimali di Piacenza".
Come avete lavorato? "Siamo una squadra, avevamo già lavorato insieme perché fare da soli è impossibile a certi livelli. In questo caso il lungo manoscritto è arrivato intero e poi si sono sommate aggiunte e cambiamenti vari. Occorreva lavorare bene e in fretta perché ormai l’uscita di questi volumi è appunto mondiale".
Come avete diviso il lavoro? "Le tre colleghe hanno tradotto il manoscritto in italiano, io mi sono occupata della supervisione per uniformare tutto. Alla fine abbiamo avuto il confronto finale, prima di mandare tutto alla Mondadori che a sua volta ha fatto controlli ulteriori".
È stata una traduzione complessa? "Dal punto di vista linguistico non molto, visto che il manoscritto è in un inglese pulito e lineare, a tratti lirico: Moehringer, il gosthwriter che secondo me va definito quasi co-autore, aveva già portato al successo O pen di Andre Agassi. La parte più complessa è stata l’attenzione maniacale che abbiamo messo su ogni singolo termine. Non volevamo travisare proprio nulla delle memorie di Harry".
Che idea si è fatta del figlio di Diana e Carlo? "Dal libro emerge tutta l’introspezione del personaggio. Per la prima volta parla della sua salute mentale dopo il trauma della morte della madre, quando lui aveva 12 anni".
Cosa l’ha colpita di più? "Proprio questo trauma subito da adolescente; che lui stesse male per la morte della madre era ovvio e intuibile, ma leggerlo su pagina è diverso. Noi per documentarci abbiamo riguardato i video dei funerali: Harry e il fratello William erano i soli due ragazzini che al funerale della madre dovevano stringere mani e sorridere. Non ho mai incontrato Harry, ma mi pare abbia sofferto molto".
In questo caso il traduttore ha visibilità, che mestiere è? "Siamo liberi professionisti e spesso si lavora in team. Il mestiere potrebbe rendere economicamente molto di più anche perché se ne vede spesso il lato romantico senza pensare agli aspetti concreti. Con una lunga professionalità ci si mantiene, per cui se un giovane ha passione io lo consiglio, magari tenendosi sempre una opzione B".
E ora cosa sta traducendo? "Le rispondo come a mio marito: niente".