Domenica 24 Novembre 2024
VIVIANA PONCHIA
Esteri

L’attacco di Hamas e gli stupri del 7 ottobre, la terapista: "Gli israeliani soffrono di disturbi post traumatici"

La ginecologa Tale Peleg si salvò in un kibbutz assaltato: il mondo apra gli occhi. “L’orrore ci ha fatto deragliare emotivamente. Gli effetti dureranno anni. Sono circondata da amici depressi, chiudono ossessivamente porte e finestre"

Il 7 ottobre l’attacco di Hamas a Israele ha provocato la morte di più di 320 donne. Almeno altre cento sono state rapite in un crescendo di brutalità sessuale e psicologica. L’orrore degli stupri, amplificato su persone di ogni età e sesso, ha raggiunto ogni casa. E un’intera nazione oggi si trova alle prese con disturbi post traumatici: depressione, ansia, emicrania, dolori ossei, disfunzioni del sistema immunitario, problemi di coppia. Tal Peleg, ginecologa e terapista sessuale, vive in un kibbutz al Sud di Israele ed è madre di tre figli di 7, 9 e 13 anni. Al Congresso della Federazione Europea di Sessuologia in corso a Bologna prova a immaginare in che modo venirne fuori.

Una commemorazione per le vittime al Supernova festival
Una commemorazione per le vittime al Supernova festival

Come ricorda quel giorno?

"Era mattina presto, circa le 6.30, e stavo dormendo. Mi hanno svegliata le sirene. Capivamo di essere sotto attacco senza avere il quadro della situazione. È stata una sorpresa: un giorno di festa, quindi di guardia allentata. Nessuno era preparato. Se mai si possa essere preparati a qualcosa di simile".

Violenza su donne, ragazze, anche bambine di tre anni. E uomini anziani. Tutto questo va oltre l’immaginazione.

"Sì, credo che il mondo non si sia reso conto di quello che è successo ed è per questo che sono qui. Guerra e violenza sessuale sono strettamente collegate dall’inizio dei tempi. Tutta la nostra mitologia è piena di stupri e abusi in cui sono coinvolti anche gli dei. Purtroppo il 7 ottobre non è mitologia. È la nostra storia".

L’abuso del corpo femminile come arma di guerra.

"Le mie pazienti hanno scoperto il significato di essere donna. I sopravvissuti hanno definito quanto è accaduto ’l’apocalisse dei corpi morti’. Hanno raccontato di ragazze denudate, mutilate e lasciate a terra con le gambe spalancate e le ossa pelviche rotte. Sono perseguitati dal ricordo delle teste staccate dai corpi".

Ci sono le testimonianze, i video. Ma per mesi il mondo ha ignorato la violenza contro le donne di Israele. Anche le femministe all’inizio non hanno fiatato.

"Contro il silenzio bisogna gridare. Alzare la consapevolezza collettiva e pretendere giustizia. Vergogna e imbarazzo impediscono sempre e ovunque di parlare. Perché i fatti vengono negati. Perché alla fine, si sa, se l’è cercata. Qui siamo di fronte a un gigantesco trauma collettivo. Che va riconosciuto per potere tornare a esercitare il sentimento che ci rende umani, la compassione. L’orrore del 7 ottobre non è una questione politica, ma un’immensa tragedia che ha fatto deragliare emotivamente tutti".

L’età media delle vittime va dai 24 ai 45 anni. Generazioni di madri porteranno con sé queste ferite.

"Nei prossimi anni vedremo ricorrenti reazioni traumatiche in tutta la popolazione, da disturbi ricorrenti alla mancanza del desiderio. Il corpo reagisce allo choc in maniera netta, il sesso percepito come non salutare diventa minaccia cronica. E la brutalità riattiva anche le ferite antiche che si credevano rimarginate".

Lei si sente al sicuro a casa adesso?

"E come potrei. Ho paura. Sono circondata da amici depressi che chiudono ossessivamente porte e finestre. Chi è stato evacuato non ha un posto in cui riprendersi. Sappiamo che è successo, che sta succedendo e succederà ancora. E sarà sempre peggio".

Il nemico ha un volto sbiadito. È facile fare confusione.

"Quando parlo dei barbari del 7 ottobre mi riferisco a un’organizzazione terroristica che si chiama Hamas. E cerco di stare in equilibrio anche se vedo che a livello mondiale le manifestazioni sono quasi tutte pro palestinesi, per le ragioni sbagliate e da una prospettiva distorta. O peggio ancora: vedo che il mondo è indifferente. Io voglio fare sapere cosa hanno subito le donne israeliane e so che sarò criticata per questo. Ma voglio aiutare anche le palestinesi, fra le quali ci sono tante mie pazienti".

Come immagina il futuro?

"Prima del 7 ottobre credevamo nella possibile normalizzazione di un lungo conflitto, dopo abbiamo capito che non è possibile. La mia figlia più piccola accende candele per i bimbi ammazzati e questo non è normale a 7 anni. La nostra vita non potrà mai più essere la stessa".

Cosa chiede al resto del mondo?

"Di aprire gli occhi. E di distinguere fra un governo estremista come quello di Netanyahu, i terroristi di Hamas e la gente che vuole la pace. Per questa gente il 7 ottobre è stata la fine di un mondo".