Roma, 12 aprile 2024 – "Gli Stati Uniti, così divisi al loro interno, sono sempre meno importanti sulla scena internazionale. Non parlerei di vero declino, ma in questo momento c’è una diffusa percezione di debolezza, che forza chi li vuole sfidare, Paesi come la Cina e la Russia, ad agire. È una messa in discussione di un sistema internazionale costruito secondo le regole statunitensi dopo la seconda guerra mondiale, un sistema che forse sta cambiando". Così il professor Gianluca Pastori, dell’università Cattolica di Milano e ricercatore dell’Ispi.
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Professor Pastori, perché Biden ha difficoltà così grandi nel garantire il sostegno all’Ucraina e al tempo stesso non riesce a incidere su Israele nella guerra a Gaza?
"Per quanto riguarda l’Ucraina, Biden sta scontando un’opposizione molto forte da parte dei repubblicani, specie alla Camera, che da tempo sta bloccando gli aiuti a Kiev, una manovra che può probabilmente essere letta in chiave elettorale. I problemi che Biden incontra sul tema Ucraina sono essenzialmente interni. La questione israeliana è un po’ più complessa. L’amministrazione americana sta scontando una debolezza di rapporto con Israele che va avanti sin dagli anni di Obama e particolarmente una difficoltà nel gestire le relazioni con Netanyahu, fondamentalmente perché lui pensa di poter gestire la questione palestinese con le sue forze e questo impedisce a Washington di poter incidere".
Nel caso ci fosse una vittoria di Donald Trump è realistico il suo slogan ‘Make America great again’?
"Personalmente non credo. Abbiamo avuto già quattro anni di sua presidenza e abbiamo visto che questo slogan ha funzionato tutto sommato poco, perché in quei quattro anni Trump ha messo in discussione il grande capitale che l’America aveva costruito nel tempo: la sua credibilità. Si è dimostrato essenzialmente inaffidabile".
Biden riuscirà almeno a smuovere il Congresso, sull’Ucraina?
"Credo che attraverso un processo di negoziazione estenuante possa ottenere il via libera almeno a un pacchetto di aiuti militari un po’ ridotto, ma ci vorrà qualche mese, diciamo prima di novembre".
In questo modo rischiamo di giocarci l’Ucraina.
"Da molti punti di vista, sì. Del resto l’opinione pubblica americana è stanca di questa guerra e così quella europea. In fondo è quello che pensava Putin: la Russia può permettersi di scambiare spazio con tempo: ha il tempo che gioca dalla sua parte".
L’Europa, stante le difficoltà americane, potrebbe svolgere un ruolo più incisivo nelle crisi in atto?
"Parlando astrattamente la ridotta presenza degli Stati Uniti avvantaggia l’Europa, come la Cina, come la Russia. Il grosso problema dell’Europa è però la difficoltà nel riuscire a esprimere une posizione comune, problema che player come Cina e Russia, non hanno: l’Ue è una identità collettiva che fa fatica ad esprimere una linea comune se non dopo una difficile ed abbastanza inefficace mediazione. Da un certo punto di vista, è un po’ la maledizione di tutti i sistemi democratici".