Roma, 31 maggio 2024 – “Se si guarda indietro a questi due anni e tre mesi di guerra la posizione dei Paesi europei e degli Stati Uniti è cambiata gradualmente, siamo partiti dai giubbotti antiproiettile e si è arrivati ai missili anticarro e antiaerei, ai tank, all’artiglieria Himars e tradizionale, ai missili a lungo raggio, agli F16. Sempre nella stessa direzione e fornendo sempre di più. Il punto è: fino a dove si può arrivare? Secondo me ci stiamo avvicinando a una linea rossa". Così Alessandro Marrone, responsabile difesa dell’Istituto Affari Internazionali (Iai).
Quale è la linea rossa, dopo 27 mesi?
"È l’invio di truppe di terra, che sarebbe un autentico cambio di paradigma, non una evoluzione come è stato passare ai carri armati e ai missili a lunga gittata. L’invio di personale militare combattente cambierebbe la natura del conflitto, sarebbe una escalation. E personalmente non mi sembra realistico".
Macron, scrive le Monde , sta lavorando a una coalizione che addestri i soldati ucraini nel loro territorio. Non è già questo un mettere gli scarponi sul terreno?
"Qui parliamo di un equilibrio molto sottile. Inviare degli istruttori in loco non cambia molto l’efficacia del training rispetto a quello che si può fare, poniamo, in Polonia o in Lituania. È un messaggio squisitamente politico. Bisogna vedere quale sarebbe la risposta russa: potrebbero attaccare le caserme dove si trovano gli istruttori, ma non è detto che lo facciano per semplici istruttori non combattenti. La vera linea rossa, ripeto, sarebbe l’invio di truppe di terra combattenti".
L’invio di truppe combattenti da Paesi Nato determinerebbe una escalation che porterebbe a uno scontro nucleare o si può ipotizzare un confronto puramente convenzionale?
"Non c’è nessun automatismo rispetto all’uso dell’arma atomica, ma bisogna fare attenzione anche ad un conflitto convenzionale con la Russia, che comporterebbe non solo scontri in Ucraina, ma ragionevolmente attacchi aerei e missilistici anche in Occidente. C’è il governo di qualche Paese democratico che si può permettere di portarsi la guerra in casa? Non a caso, la linea di Biden e degli europei è sempre stata: aiuti sì, ma senza mandare truppe. Dubito fortemente che si venga meno a questo assioma".
La strategia di concedere lentamente le armi richieste a Kiev, misurando le quantità, è stata una strategia pagante?
"Con il senno di poi è facile dire di no. Sarebbe stato molto meglio dare più aiuti sin dall’inizio, sia in termini quantitativi che qualitativi. Questo avrebbe permesso agli ucraini di respingere prima e meglio i russi. Ma è andata come è andata".
Mosca minaccia sfracelli se si consentirà l’uso in Russia delle armi occidentali . Ma serve consentirlo?
"Ha un fortissimo senso poter colpire obiettivi militari in territorio russo, specialmente nella zona di Kharkiv, che è vicina al confine. La Russia minaccia ritorsioni ma l’invio da parte dell’Occidente di un crescente numero di sistemi d’arma non ha portato a chissà quali rappresaglie da parte russa. Dopo il “referendum farsa“ per annettere le regioni conquistate, sulla base della dottrina nucleare russa, Mosca avrebbe potuto usare l’atomica, ad esempio quando gli ucraini hanno ripreso Kherson. Ma così non è stato. Quello di Putin è stato un bluff. E l’uso da parte degli ucraini delle armi occidentali sul suolo russo credo proprio non determinerebbe un conflitto diretto Russia-Nato".
Quali sono le prospettive realistiche oggi?
"Fortificare le postazioni ucraine, con difese stratificate, bunker, campi minati, artiglieria e salvare l’80% dell’Ucraina oggi sotto controllo di Kiev, giungendo a uno stallo e costringendo Putin a trattare. Questo è realistico: scongiurare una vittoria russa. Non è invece oggi realistico puntare a una nuova controffensiva Ucraina per tornare ai confini del 1991".