Martedì 16 Luglio 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Gli scenari di guerra. Strazzari: "Diplomazia in affanno, stallo su Kiev e Gaza. Ora allarme per Taiwan"

Il docente della Sant’Anna di Pisa: la Cina attaccherà se sull’isola vincessero i progressisti. "In Ucraina e in Medio Oriente il rischio di una carneficina come in Europa nel 1916. Resiste un’egemonia statunitense, ma il mondo si sta scomponendo in blocchi"

Roma, 2 gennaio 2024 – “Il rischio di un 2024 che diventi come il 1916, forse l’anno più nero della Prima guerra mondiale, nel quale i fronti non si mossero e continuò la immane carneficina, è un rischio reale verso il quale le diplomazie internazionali cercheranno di muoversi per evitarlo. Ma purtroppo siamo in piena crisi dei meccanismi diplomatici e politici di peacekeeping". Così il professor Francesco Strazzari della scuola superiore Sant’Anna di Pisa.

Guerra Israele-Hamas
Guerra Israele-Hamas

"Le tettoniche dell’ordine internazionale – spiega – sono un movimento e non c’è ancora un nome per quello che sta nascendo, ma le dinamiche ci raccontano di un mondo che si sta scomponendo in blocchi. Non è più un mondo bipolare, nonostante la permanenza di un’egemonia americana, le guerre e le crisi in atto, basti pensare non solo a Ucraina e Gaza ma anche al Sudan, la Libia, praticamente all’intero Sahel o alla Birmania e ad Haiti, ne sono il risultato. E, non a caso, l’industria degli armamenti è in espansione ovunque. È un mondo pervaso da ambizioni e paure, nel quale diplomazia e pace sono viste come naif. E questo dovrebbe inquietare".

Per l’Ucraina vede qualche prospettiva di colloqui di pace nel 2024?

"Il fronte è sostanzialmente consolidato. Dopo le elezioni russe di marzo Putin potrebbe tentare di riproporre una ipotesi di pace che dal suo punto di vista è la solita di sempre, con la fine di una Ucraina indipendente. Il che per Kiev, che di contro non ha le risorse militari per liberare il suo territorio, sarebbe non un compromesso ma una capitolazione, ed è chiaramente indigeribile anche per i suoi alleati. Servirebbe una mediazione accettabile. Ma riusciranno le democrazie, in piena campagna per le europee e per le presidenziali americane, a far ragionare Putin e Zelensky? Sembrerebbe molto difficile ma penso che sottotraccia ci siano molte trattative delle quali non sappiamo. Credo che diventerà sempre più evidente nel 2024 che non c’è una soluzione militare, ma, sempre non escludendo la possibilità di una trattativa che possa concretizzarsi, allo stato nessuna delle due parti sembra ancora disponibile ad un compromesso, tantomeno Mosca che è la parte che ha aggredito".

Veniamo al Medio Oriente. L’esercito israeliano ha detto che pensa di essere impegnato in combattimenti per l’intero 2024: nessuna aspettativa di fine della crisi a Gaza?

"Israele va avanti con una stratega di lungo corso che è quella di contenere e ridurre il livello di minaccia, costringendo la popolazione palestinese in territori sempre più frammentati e tenendola politicamente divisa tra Hamas e Anp. Le prospettive di pace e dei due Stati non sono mai state più lontane, si è persa qualsiasi prospettiva di una soluzione diplomatica e anche sul campo Hamas mostra di essere ancora resiliente. La guerra continuerà per mesi e anche se Israele riuscirà a prendere il controllo militare di Gaza, cosa che avrebbe dei costi militari enormi, manca totalmente una prospettiva politica".

Vede il rischio di un allargamento della crisi a tutto il Medio Oriente?

"Allo stato gli attori regionali, in primis l’Iran, non hanno interesse ad un confronto diretto con Israele, ma se Teheran riuscisse a dotarsi della bomba, e ci è vicina, allora le cose potrebbero cambiare: questo potrebbe spingere l’Iran ad utilizzare direttamente Hezbollah e gli Huthi in una guerra contro Israele".

Xi ha ribadito che la riunificazione con Taiwan è inevitabile. Potrebbe accadere nel 2024?

"Pechino è chiara negli obiettivi ma non ha interesse ad accelerare la crisi, la sua priorità è l’economia. Ma se alle elezioni di quest’anno a Taiwan dovesse esserci un successo del Partito del Progresso, che è il più anticinese, e questo dovesse portare a dichiarazioni ostili contro Pechino, la Cina non starà a guardare e potrebbe decidere azioni muscolari. A quel punto un attacco a Taiwan può essere il frutto non voluto di una escalation".

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