Venerdì 22 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Incubo guerra di terra: gli Stati Uniti temono l’offensiva di Tel Aviv

Margelletti (Cesi): lo Stato ebraico non ha interesse a occupare il Libano. «E il partito sciita non ha la capacità tecnica di operare sul suolo nemico»

L'attacco di Hezbollah a Beirut

L'attacco di Hezbollah a Beirut

Roma, 21 settembre 2024 – Fanno proclami bellicosi, agitano piani di battaglia ambiziosi. Ma in realtà la guerra di terra in Libano è una eventualità così temibile che è poco probabile e non desiderata, se non a parole, da nessuno dei contendenti. Che la minacciano sistematicamente a puri fini propagandistici. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, promette solennemente vendetta, forte dei 65mila razzi e dei 10mila missili nei suoi arsenali, Teheran tuona, e il ministro della Difesa di Israele, Yoav Gallant, ribatte dicendo che «questa è una nuova fase della guerra, non è più una guerra di attrito». Ma da qui a una invasione di terra, ce ne corre e parecchio. Eppure, secondo il Wall Street Journal, i funzionari del Pentagono temono che Israele possa lanciare un’offensiva di terra nel Sud del Libano.

«Hezbollah – osserva Andrea Margelletti, presidente del Cesi, il centro studi internazionali – non ha alcuna capacità di effettuare una invasione di terra della Galilea, neppure con la sua forza di élite, la Radwan, teoricamente creata per operazioni offensive. Sul confine ci sono le forze di Unifil che pattugliano e soprattutto appena al di là confine ci sono gli israeliani, che non ripeteranno gli errori commessi il 7 ottobre e non consentiranno certo il passaggio di migliaia ma neppure di centinaia di combattenti nemici. Tra Hezbollah e Israele c’è un evidente gap tecnologico e Hezbollah può sì difendersi in maniera credibile da una incursione in profondità, le sue forze sono costruite per questo, ma non certo operare in territorio nemico. E lo sanno. Del resto il massimo che ha potuto fare Nasrallah sono delle dichiarazioni. E contro Israele non sono intervenuti, se non a parole, neppure gli iraniani, dopo che Israele ha fatto saltare in aria il capo di Hamas nel quartiere diplomatico di Teheran. Non hanno fatto niente perché sanno che non c’è partita».

«Al tempo stesso – prosegue Margelletti – Israele non ha interesse a una operazione di terra. Invadere per fare cosa, per occupare metà del Libano? Ha senso? Ne vale la pena? Non direi proprio. Qualcuno pensa di raggiungere ancora il fiume Litani come nel 1978 e acquisire una fascia di territorio su modello del Golan creando una sorta di “cuscinetto“ anti Hezbollah? Anche qui, il costo non sarebbe lieve, ricordiamoci del 2006, e poi tempi sono cambiati, la comunità internazionale non lo consentirebbe, si rischia di pagare un prezzo per conquistare un territorio per poi doverlo restituire».

E quindi? “A mio avviso – prosegue il direttore del Cesi – Israele potrà al massimo fare delle incursioni per colpire delle basi di Hezbollah, ma incursioni temporalmente e spazialmente limitate. Hanno messo in ginocchio Hezbollah con gli attacchi cibernetici, mettendogli fuori gioco tremila operativi, e nel medio periodo continueranno a colpire i vertici dell’organizzazione sciita, agiranno ancora in maniera selettiva, forti della loro superiorità tecnologica, ma questo non significa che vogliano arrivare ad una vera e propria invasione. La decisione israeliana di non procedere per una incursione di terra è figlia della consapevolezza che sarebbe uno spreco inutile, dato che non ha strategicamente un obiettivo chiaro, ed è figlia anche, certo, delle forti pressioni politiche americane. In questo senso, semmai, se ne parlerà dopo le elezioni americane, e in particolare se e quando vincesse Donald Trump".

«A breve – conclude – mi attendo che prosegua lo stillicidio di eliminazioni di leader di Hamas, il ping pong di lanci di razzi da parte di Hezbollah e di attacchi aerei israeliani per colpire le basi di Hezbollah, in particolare i lanciatori di missili. Ma non dobbiamo attenderci molto altro».