Roma, 31 gennaio 2024 – "Il rischio di uno scontro tra Unione europea e Russia é molto alto”, ha detto il generale austriaco Peter Vorhofer in occasione della presentazione del ‘Risk Picture 2024’ del Ministero della Difesa a Vienna. Secondo Vorhofer, il nuovo periodo di “disordine militare” accompagnerà il mondo e l’Austria “per almeno due decenni”. “C’è un’alta probabilità di vedere una guerra ibrida nel 2024”, ha aggiunto Vorhofer. Gli austriaci non sono i soli a essere preoccupati. Uno studio dello Stato maggiore tedesco ha delineato uno scenario da Terza guerra mondiale, con tanto di mobilitazione militare, azioni di “guerra ibrida” e sviluppo sul terreno mese dopo mese. Fino a culminare nel dispiegamento di centinaia di migliaia di soldati della Nato e nello scoppio del conflitto tra Russia e Alleanza Atlantica nell’estate del 2025. Lo studio è uno dei molti preparati dagli Stati maggiori di tutto il mondo anche per eventualità improbabili, ma conferma che i Paesi Nato si pongono il problema Russia.
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Non a caso l’Alleanza ha appena condotto una grande esercitazione e altre ne seguiranno da qui a giugno. Anche per far fronte all’accresciuta minaccia globale, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha proposto di creare una riserva militare nazionale alla quale attingere in caso di crisi.
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Un attacco russo alla Nato è molto improbabile ma non può essere escluso, con un leader come Putin. Respingerlo è possibile. Ma bisogna prepararsi. Così Alessandro Marrone, responsabile Difesa dell’Istituto Affari Internazionali (Iai).
Quanto è credibile la minaccia di un attacco russo nei prossimi cinque anni ad un Paese Nato, quando Mosca non riesce a prevalere contro la sola Ucraina?
"La minaccia è molto remota ma non può essere esclusa a priori e quindi è necessario preparare una deterrenza tale che possa scoraggiare un eventuale attacco. Con la guerra in Ucraina la Russia ha subito pesanti perdite di risorse umane, più di 315mila soldati tra morti, feriti e prigionieri, e una estesa distruzione di equipaggiamento militare. Ma dobbiamo anche considerare la volontà politica del Cremlino che nonostante queste perdite continua a ritenere la guerra in Ucraina fondamentale e che si è dimostrata pronta a correre rischi, anche sbagliando, e a perseverare nell’errore. Quindi, con una leadership abbastanza solida e molto aggressiva come quella di Putin, la Russia è in grado anche di compiere gesti che vanno oltre le proprie capacità e con poche chance di successo".
Se questa opzione si concretizzasse che tipo di guerra sarebbe?
"L’obiettivo russo sarebbe quello di una penetrazione rapida di consistenti forze corazzate per occupare il territorio e mettere la Nato di fronte al fatto compiuto, minacciando una escalation nucleare. La Nato cercherebbe di bloccare sin dall’inizio l’avanzata sia con forze di terra che con la prontezza delle forze aeree e missilistiche in modo da avere un approccio integrato che colpirebbe le forze russe in profondità".
La Nato potrebbe prevalere?
"È in grado di farlo perché la somma dei bilanci militari dei Paesi alleati, la quantità e qualità delle forze armate dei 31 Paesi membri è in totale superiore a quella russa. Il punto è che in Russia c’è un unico centro di comando, mentre la Nato è una alleanza di 31 Paesi sovrani. Quindi, centrali sono la coesione e la tempestività del dispositivo politico Nato".
Supponiamo che Trump decida di lasciare la Nato: i Paesi europei dell’Alleanza sarebbero in grado da soli di fermare la minaccia?
"Non credo che Trump lascerebbe la Nato, ma comunque in linea di principio direi che i Paesi europei dell’Alleanza atlantica, con opportuni interventi infrastrutturali e con i necessari investimenti, hanno la capacità di fermare la Russia, se il conflitto non diventa nucleare. Se si supera quella soglia, serve l’ombrello di sicurezza nucleare americano".
Alcuni Paesi, Italia compresa, affermano che è necessaria la creazione di una riserva di truppe. È d’accordo?
"Innanzitutto è necessario che le forze armate italiane non svolgano più compiti di polizia, e quindi l’Italia dovrebbe chiudere l’operazione Strade Sicure, recuperando in questo modo 5mila unità dell’esercito. Secondo punto, l’Italia ha alcune brigate che sono operative solo sulla carta. Investendo nel renderle operative, si aumenterebbe la quantità di forze dispiegabili. Terzo punto, servono più addestramento ed esercitazioni per portare tutte le forze armate italiane a un livello adeguato. Questi tre interventi accrescerebbero la massa e l’efficacia delle unità dispiegabili. Le risorse del bilancio della difesa sono limitate, la riserva non è la soluzione".