Martedì 16 Luglio 2024
EDOARDO NARDUZZI*
Esteri

Israele e la Caporetto nella cyber guerra: radar spenti, hackerate migliaia di telecamere. Perché l’Occidente ha bisogno dell’India

L’attacco di sabato certifica il crollo del primato occidentale nel conflitto cibernetico. Hamas ha pianificato l’azione su larga scale per mesi. E nessuno sembra averla intercettata

Roma, 9 ottobre 2023 – Il 7 ottobre 2023 è un po’, per l’Occidente, l’equivalente del 9/11 del 2001. All’epoca le cellule jihadiste dormienti sul territorio Usa seppero bucare tutte le infrastrutture di difesa fisiche degli aeroporti e delle città americane, mentre sabato scorso a crollare è stato il primato dell’Occidente nella cyber war. Nessuno avrebbe mai ipotizzato che un gruppo di assalto di Hamas avrebbe potuto pianificare per mesi un attacco su larga scala al territorio israeliano, con il lancio di oltre duemila missili e assalti dal mare, dalla terra e dall’aria e con il lancio di una guerra elettronica capace di spegnere i sistemi radar e, forse, hackerare perfino le migliaia di telecamere attive lungo il confine, senza essere in qualche modo intercettati prima dai sistemi dell’intelligenza cibernetica più organizzata ed avanzata al mondo.

E invece nel dark web e nei social media l’organizzazione dell’assalto ha saputo produrre dati cosi ben schermati, criptati o mutanti che Israele si è svegliata sotto le bombe senza aver potuto minimamente allertare i suoi sistemi di protezione e reazione. È la Pearl Harbor dell’intelligence digitale dell’Occidente, la Caporetto dei servizi avanzati di protezione delle democrazie e delle armate di cyber combattenti che da tempo lavorano nei vari paesi della Nato e nello stesso Israele. Da un’area geografica, dove la fibra scarseggia ed i servizi di Starlink per l’accesso satellitare a internet sono a mala pena disponibili, non ti aspetteresti una tale capacità di offesa cibernetica. E invece tutte le difese israeliane sono state “bucate” e la stessa capacità di reazione resa molto lenta.

MIDEAST ISRAEL PALESTINIANS GAZA CONFLICT
MIDEAST ISRAEL PALESTINIANS GAZA CONFLICT

Ovviamente i protagonisti di questa vicenda vanno ben oltre la Palestina. Ma chiunque abbia supportato l’attacco fornendo il suo aiuto cibernetico ha comunicato una capacità di movimento nel mondo dei dati e degli algoritmi avanzati di machine learning davvero di frontiera. Se l’Iran, come le stesse dichiarazioni di Hamas lasciano intendere, avesse dato il suo supporto diretto all’operazione contro Israele, è allora chiaro che ci si trova di fronte a un notevole miglioramento delle capacità di cyber war iraniane da quando, correva l’anno 2012, il virus Stuxnet venne utilizzato per bloccare i processi di arricchimento dell’uranio nelle centrali nucleari di Teheran.

Oggi, dobbiamo esserne consapevoli, siamo già entrati nella cosiddetta AI cyber war, cioè la guerra cibernetica combattuta da algoritmi pensati per auto apprendere dall’analisi delle debolezze riscontrate nei sistemi difensivi del nemico e, contestualmente, capaci di mutare o di adattarsi molto rapidamente al contesto del confronto. Possono creare degli sciami di attacco concentrati e ripetuti per disorientare o penetrare i sistemi difensivi e subito dopo sparire per essere sostituiti da altri algoritmi in grado di agire, con caratteristiche diverse, per penetrare la debolezza individuata oppure per continuare l’attacco con altre vesti.

Testare contro Israele queste tecniche di guerra cibernetica significa sfidare probabilmente la difesa meglio attrezzata al mondo ed averla piegata segnala una preoccupante debolezza dell’Occidente. Che farebbe bene a trovare alleati oltre il troppo piccolo perimetro della Nato, perché per primeggiare nella AI cyber war il supporto dell’India, con i suoi milioni di matematici e di informatici, è sempre più fondamentale. E l’India è una democrazia vera che va aiutata nella crescita e favorita nella sua integrazione con i valori dell’Occidente lasciarla nel campo dei paesi non allineati significa, in qualche modo, regalarla alle oligarchie non democratiche.

*di Edoardo Narduzzi, amministratore delegato Mashfrog Group

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