Giovedì 21 Novembre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Svolta sul futuro di Gaza, spiragli per il cessate il fuoco: “Poi governo senza Hamas e Israele”

Il Washington Post: accordo di massima per una fase di transizione con un esecutivo ad interim Da Casa Bianca e Gerusalemme filtra ottimismo. Decisiva la pressione del Qatar sui miliziani

Tel Aviv, 12 luglio 2024 – Le trattative per una tregua a Gaza, accompagnata dalla liberazione scaglionata di ostaggi israeliani e di detenuti palestinesi, hanno registrato una svolta positiva nel corso di serrati contatti che si svolgono in parallelo in Egitto e nel Qatar sotto l’egida del capo della Cia Bill Burns. Israele e Hamas, secondo quanto ha appreso il Washington Post, hanno intavolato contatti riguardo il cosiddetto ‘giorno dopo’: ossia la gestione di Gaza una volta terminati i combattimenti. La fase di transizione prevede la costituzione di un governo ad interim, accettabile in principio sia per Israele sia per Hamas, che sarebbe sostenuto da una forza di 2.500 uomini addestrati dagli Usa, reclutati a Gaza fra i sostenitori dell’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen. Paesi della Regione si mobiliterebbero allora per puntellare la fase di transizione.

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Questi dettagli non hanno finora conferme ufficiali ma espressioni di cauto ottimismo sono giunte dalla Casa Bianca e da Gerusalemme. "Si è aperto uno spiraglio limitato che potrebbe consentirci di ottemperare al nostro dovere morale di recuperare gli ostaggi" ha confermato il ministro della Difesa Yoav Gallant dopo che il capo del Mossad era rientrato da Doha e mentre il capo dei servizi di sicurezza interna stava per decollare per il Cairo. Intanto però Hamas continua ad accusare Israele di "’procrastinare" i negoziati.

Nel corso di una cerimonia militare Benjamin Netanyahu ha confermato di "immedesimarsi" sempre nel piano per la tregua illustrato alla fine di maggio dal presidente Biden, sulla base di proposte israeliane. "Ma quegli assassini di Hamas – ha aggiunto – continuano ad aggrapparsi a richieste che contraddicono quel piano e che rappresentano un rischio per noi". Un riferimento, fra l’altro, alla richiesta di Hamas di ottenere precise garanzie internazionali che con l’inizio della realizzazione del piano (in tre fasi, della durata di mesi) ad Israele sarebbe vietato di riprendere poi i combattimenti.

“Non ci fermeremo e continueremo a combattere fino a quando avremo raggiunto tutti i nostri obiettivi" ha ribadito il premier, mentre in questi giorni l’esercito è impegnato in duri combattimenti nel sud e nel centro della Striscia, dove ha ordinato fra l’altro l’evacuazione in tempi serrati della popolazione di Gaza City. "Continueremo fino alla vittoria, anche se richiederà tempo". Israele, ha precisato, intende comunque mantenere il controllo militare del confine Gaza-Egitto, per bloccare i contrabbandi di armi.

Netanyahu è fiducioso che in definitiva sarà proprio la forte pressione militare sul terreno a costringere Hamas a ridurre l’entità delle proprie richieste negoziali. Alcuni media aggiungono che il Qatar avrebbe intimato a Hamas di assecondare il progetto per il ‘governo ad interim’ a Gaza. In caso contrario, viene affermato, potrebbe chiedere ai leader di Hamas di lasciare Doha.

In questa fase critica e forse decisiva proprio i vertici di Israele appaiono afflitti da divisioni. Esprimendo i sentimenti dei comandanti militari, il ministro della difesa Gallant (Likud) vorrebbe un impegno molto maggiore a sostegno delle iniziative Usa ed è in posizione critica nei confronti di Netanyahu.

Le tensioni sono cresciute a tal punto che nel Likud diversi esponenti esigono il suo licenziamento in tronco. Ieri, nella cerimonia militare, Gallant ha sfidato Netanyahu invocando – contro il parere del premier – la istituzione di una Commissione ufficiale di inchiesta sul 7 ottobre. "Che indaghino su di me, sui capi dell’esercito e degli apparati di sicurezza, ma anche – ha insistito – sul primo ministro". Dal pubblico Gallant ha ricevuto applausi scroscianti. Dal premier, rimasto gelido, neanche una parola.