Giovedì 21 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Le vie (infinite) del greggio russo, così Mosca elude le sanzioni. Putin incassa 1,1 miliardi dall’Ue

Le restrizioni commerciali non frenano le esportazioni: i Paesi europei importano 130 milioni di barili. La materia prima viene trattata soprattutto in India e Cina per poi sbarcare sui mercati dell’Occidente

Roma, 10 marzo 2024 – Con una mano i Paesi occidentali mettono pesanti sanzioni sul petrolio russo, con l’altra lasciano che alcune sue aziende acquistino allegramente da Paesi terzi prodotti petroliferi raffinati usando petrolio russo. E così quello che dovrebbe essere un embargo – emerge con la nettezza dei dati di un centro di ricerca finlandese, il Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea) – si trasforma, grazie a scappatoie legali, in un mezzo colabrodo.

Il presidente russo Vladimir Putin
Il presidente russo Vladimir Putin

Quando i Paesi dell’Ue e del G7 hanno introdotto il tetto ai prezzi e l’embargo sulle importazioni di greggio russo nel dicembre 2022, speravano che ciò avrebbe inciso pesantemente sulle entrate del Cremlino. Ma la mancanza di una politica restrittiva sui prodotti raffinati creati a partire dal greggio russo ha fatto sì che i nuovi acquirenti – Paesi terzi che non hanno imposto sanzioni, in primis India e Turchia – potevano importare maggiori volumi di greggio russo, raffinarlo in prodotti petroliferi ed esportarlo legalmente verso i Paesi della coalizione price cap (Pcc).

Questa importante scappatoia ha contribuito a stabilizzare il prezzo del greggio russo e ha assicurato comunque al Cremlino un flusso di entrate. E il risultato è che la Russia è entrata nel suo terzo anno di guerra in Ucraina con una quantità di denaro senza precedenti nelle casse del governo, sostenuta da un record di 37 miliardi di dollari di vendite di petrolio greggio.

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"Nel 2023 – osserva il Crea – si è registrato un aumento del 44% su base annua delle importazioni di prodotti petroliferi da parte dei Paesi sanzionatori, in termini di volume. Questa analisi mostra un ampliamento della falla nella raffinazione nel 2023, ampliando le lacune delle sanzioni contro la Russia e consentendo l’utilizzo di maggiori quantità di petrolio ottenuto dal greggio russo nei Paesi terzi". "Secondo le nostre stime– osserva il Crea – il 3 per cento (8,5 miliardi di euro) delle importazioni di prodotti petroliferi da parte dei Paesi della coalizione sono state effettuate con greggio russo. Queste importazioni in un periodo di 13 mesi equivalgono al 68% dell’impegno dell’Ue ad aiutare l’Ucraina tra il 2024 e la fine del 2027".

Le importazioni di prodotti petroliferi ottenuti dal greggio russo da parte della coalizione price cap hanno generato 1,7 miliardi di euro di entrate fiscali per il Cremlino. Secondo un rapporto dell’Ong Global Witness, l’Europa avrebbe importato 130 milioni di barili di prodotti petroliferi raffinati da greggio russo, generando entrate fiscali a favore del Cremlino pari a 1,1 miliardi di euro.

Gli Stati Uniti hanno importato per 1,6 miliardi di euro prodotti petroliferi derivati dal greggio russo. Un controvalore di 2,6 miliardi di euro di greggio russo è stato invece utilizzato per produrre prodotti petroliferi per l’Ue, i cui primi tre Paesi importatori sono i Paesi Bassi (590 milioni di euro), la Francia (422 milioni di euro) e l’Italia (324 milioni di euro)". Ad esempio, i Paesi della coalizione che sostiene le sanzioni hanno acquistato per 469 milioni di euro prodotti petroliferi raffinati dalla sola raffineria di Vadinar, in India, che è al 49% di proprietà del colosso russo Rosneft, sapendo che usa al 43% greggio russo. Ma questo non li ha certo fermati. Tutti sanno tutto. E in tanti chiudono entrambi gli occhi e ci guadagnano. E l’Ucraina? Pazienza, che si accontenti.

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