Roma, 7 agosto 2023. Un sospiro (atomico) di sollievo per Putin. Il golpe in Niger, infatti, rischia di rallentare, almeno nel breve termine, l’adozione di sanzioni sul nucleare russo, uno dei pochi settori strategici della Federazione che ancora non è stato colpito dalla scure Ue, dopo l’invasione dell’Ucraina. Ma andiamo con ordine, perché quello che sta succedendo a Niamey potrebbe scoraggiare l’Unione europea a punire ulteriormente Mosca?
L’uranio africano
Il Niger nel 2022 è stato il secondo esportatore di uranio verso l’Unione europea, con quasi un quarto (25,4%) dell’intera quota di mercato. Una fetta che è cresciuta del 2,4% rispetto al 2021, mentre quella russa calava del 16%.
Niamey l’anno scorso è stato il settimo produttore mondiale dell’elemento chimico (circa il 4,1% del totale) cruciale per il funzionamento delle centrali nucleari. Tra i Paesi Ue, la Francia è quella che ha rapporti più stretti con il Niger, visto che importa circa il 15% dell’uranio necessario.
Il golpe
Subito dopo il colpo di Stato, che ha visto la deposizione del presidente filo occidentale Mohamed Bazoum, sono apparsi sui social diversi annunci sullo stop all’esportazione di uranio (e oro) nigerino verso la Ue e gli Usa. In realtà, secondo la Reuters, il Niger (così come Mali e Burkina Faso) non avrebbe mai ufficializzato questa posizione. Ma l’allarme, vista la reazione delle agenzie europee che si occupano di nucleare, è stato comunque ritenuto credibile.
Le conseguenze
Anche se la giunta militare guidata da Abdourahamne Tchiani dovesse fermare l’export dell’uranio, il nucleare europeo non dovrebbe subire contraccolpi. Le riserve strategiche di Parigi dovrebbero coprire i consumi per i prossimi due anni: un lasso di tempo più che sufficiente perché la Francia e la Ue possano virare su altri mercati (Australia e Canada in primis). Anche il prezzo delle bollette non risentirebbe dello stop, visto che l’uranio (come materia prima) incide tra il 5 e il 7% sul costo della produzione di energia elettrica dal nucleare.
Il ruolo di Mosca
L’Europa, come abbiamo visto, non è dipendente dall’uranio nigerino e non lo è nemmeno da quello russo. Il problema è che 19 reattori nucleari (in cinque Paesi della Ue: Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca, Bulgaria e Finlandia) sono di fatto sotto il controllo di Rosatom. Solo il colosso della Federazione, infatti, può fornire assistenza sui fasci di combustibile (semplificando molto, il cuore di ogni centrale nucleare). E in questi Paesi l’energia elettrica prodotta dal nucleare varia dal 52,3% al 32,8% del totale.
Per questo motivo, qualunque tentativo di sanzionare Rosatom finora è sempre naufragato (per approvare un pacchetto di restrizioni economiche nella Ue serve l’unanimità) , anche se l’Europa ha più volte preso in considerazione l’idea di colpire questo settore.
L’effetto Niger
Se Niamey dovesse bloccare l’export di uranio, lo stop sarebbe quindi un argomento in più per quei Paesi bloccare sul nascere qualsiasi restrizione nei confronti del nucleare russo. “Se in Niger la situazione dovesse peggiorare – ha spiegato Phuc-Vinh Nguyen, esperto di energia all’istituto Jacques Delors di Parigi, a Politico - l’adozione di sanzioni sull’uranio russo, almeno nel breve termine, si complicherà”.